Al Signor Abate Pietro Metastasio a Vienna

Per non multiplicar le lettere, ed a voi accrescere la fatica di leggere non scrissi ricevuta la gratissima vostra del 19 di giugno ringraziandovi del vantaggioso giudizio che vi siete compiaciuto per la bontà vostra di comunicarmi in riguardo alla mia operetta in versi: che tuttora medito di pubblicare ritornato che io sia in città. Ora che penso di  scrivervi, riavuto ormai che sarete dalle vostre fatiche poetiche per le nuzziali feste de’ parmeggiani imenei#1, vi ringrazio e di questo, e di tutt’altro che da me ben altro meriterebbe che un solo ringraziamento. Più non mi estendo a dimostrarvi la riconoscenza, e gratitudine mia, sicurissimo già che ne siate a quest’ora abbastanza, e pienamente persuaso. Voi non sdegnatevi se troppo sovventemente vi scrivo, perché voi verreste a sdegnarvi (se lo faceste giammai) di quella a me più diletta, e più cara beatitudine che io possa in questo mondo godere. Se v’incommodate un poco, scrivendomi, fatelo almeno con vostra pace per un amico che di rispetto e di una somma venerazione è ripieno, e d’amore è svisceratissimo per voi; che mai sempre in diverse cose è occupato; e che ad impiegare d’altronde ogni momento della sua vita è chiamato dal proprio desiderio bensì, ma, diciamolo qui tra noi, da un quasi tirannico desiderio non già d’ambizione, e di lode, ma d’imparare, e di vedere.
          Nello scorso mese di luglio terminai una lunghissima lettera a voi diretta#2, e fino dall’anno scorso promessavi, ch’è una continuazione del Prodromo#3 dell’opera che medito con piacere della Connessione delle cose create. Ora sono sinceramente occupato in un Saggio sopra gl’insetti, ad una non galante, e non moderna signora filosoficamente indirizzato#4, che sarà ancora per quanto veggo più lungo della lettera scritta a voi, e il quale spero che riuscirà di uno stile dolce, o non ingrato del tutto, ed è diverso dall’enfatica operetta sulla materia medesima, di cui ho parlato in certo proposito con voi, e che sarà anch’essa, quando che fia, da me distesa, e composta. Quella, a cui dietro presentemente lavoro, se vorrete leggere, pensarò di mandarvela a suo tempo, procurando, se non avrò momenti liberi per rivedere un’altra copia della medesima che potrei fare trascrivere a bella posta per voi, procurando, dissi, di riavere la copia di mia mano, che mandarò alla suddetta signora, dopo di averla essa trascorsa e che voi potrete rimandarmi a vostro comodo, quando ella non durasse fatica a interamente svestirsene. Parlo in questa operetta d’ogni principale materia che un osservator degl’insetti in essi insetti ravvisa. Prima dei particolari caratteri che questi finora sprezzati animaletti costituiscono: cioè l’esser composti di tanti anelli, o segmenti; non avere sangue rosso, vera carne, e vere ossa. Poi della loro maniera di respirare. Indi ragiono a lungo moltissimo dei portentosi sviluppi nella più parte degl’insetti si veggono, passando sotto i tre differenti strati di verme, o bruco, di crisalide, o ninfa, ed alla fin di volante, sviluppandosi a poco a poco, e per gradi la internamente chiusa, e delicatissima machinetta, che non sorge perfetta, e non fa mostra di sé medesima, se non dopo essere stata nascosta sotto gli inviluppi di verme, o bruco, e di crisalide, o ninfa, che sono come tante fascie, ed invogli, che servono per perfezionarla, e difenderla. Dopo minutamente descrivo alcuni insetti, seguitandogli sino al loro ultimo termine, e perfetta manifestazione di parti. Ne ho scelto de’ più curiosi, tra i quali nomino il silostoro, o legniperda acquaiuolo, la di cui curiosissima vita descrivo, quale a noi si ha lasciata il candidissimo, ed amenissimo Vallisneri nella giovanile, e più polita, delle sue opere i suoi elegantissimi dialoghi#5. Dopo questo do alcune notizie delle parti degl’insetti, e dei loro sensi, alla qual parte dell’operetta presentemente mi trovo. Indi darò parola dei loro cibi, principalmente ragionando di quegli insetti che divorano le frondi, ed altre parti di maggiori, e minori piante; e di quelli che sono carnivori, e del genere degl’icneumoni#6, che ingegnosamente crudeli vivono a spese di altri insetti: nel che si trova una occulta agli occhi rozzi, ma ben visibile senza occhiali dai filosofichi, e quasi con mano palpabile provvidenza del sapientissimo Creatore, che in tal maniera impedisce che multiplichino sovverchiamente moltissime spezie che, in troppo numero, cagionare potriano irreparabili danni: poi della saggia, ed industriosa cura delle ingegnosissime madri nello sciegliere siti proporzionati, in cui deporre i feti, le uova, nulla parlando del modo di unirsi alla opera della generazione, che non è questa materia da porsi davanti agli occhi di donna; e dopo ciò parlarò del loro soggiorno, favellando ancor di microscopici animaletti, de’ loro nidi, delle loro industrie per difendersi, e d’altre curiosissime, e singolari qualità loro, che mostrano, quanto sia degno di essere osservato questo dalla commune degl’uomini, per essere minutissimo, sprezzato popolo: e in fine darò alcune notizie storiche di que’ scrittori che hanno coltivato in diversi tempi questo amenissimo, ma insieme intrigantissimo studio.
          Il trattato della Pioggia è già da gran tempo formato, ed ammanito, né altro resta, se non mandarlo: ed il poema, per cui questo trattato è composto è anch’esso compiuto, alquanto prolisso, eccedendo i versi il numero di mille ottocento se male non mi ricordo: ma ha bisogno ancor di un poco di lima#7. Ho pur fatto copiare unicamente per spedirle a voi, due lettere spettanti alla storia medica, e naturale scritte a due miei dottissimi amici, che per esser relligiosi non lasciano d’essere versatissimi in queste materie, ed anzi, uno c’è semplice frate non sacerdote di un ordine di San Francesco è sudatissimo nelle dimostrazioni anotomiche, in chirurgia, e in medicina, ed ha l’onore di essere stato (dell’uno, privato, dell’altro, pubblico) discepolo degl’immortali Molinelli, e Beccari#8; terminata l’operetta, a cui son dietro presentemente, penso di stendere alcune osservazioni da mettere nella mia Raccolta di osservazioni spettanti alla storia naturale, e medica#9, le quali sono già in pronto ne’ miei giornali; di stendere una lunga lettera appartenente a queste materie, le di cui tracce ho già in mente, e di terminare, se avrò tempo una non breve lettera in versi sopra Dante#10, che cominciai l’anno scorso, e che indirizzata è già a voi; la quale mi metterò all’impresa di compiere per non rendere inutile la fatica finora spesa per essa, avendo oltrepassati i quattrocento versi, e mancandone solo un terzo per ridurla a fine. Ho anche in pronto da trecento articoli quali più, quali men brevi da porre nel mio saggio di storia medica, e naturale, che da gran tempo in qua dorme, ma che sveglierassi ben presto, siccome spero, dal suo letargo. Tutto confido di terminare lavorando con ordine, e non in maniera tumultuaria e confusa, pregando intanto Dio che mi continui e vita, e vanità per potermi impiegare nella continuazione di queste a me sì care faccende. Voi amatemi intanto; secondate co’ vostri i voti miei; vivete a beneficio di tutta l’umanità, e senza fine credetemi ecc.

Di villa il 24. agosto 1769.

 

Le nozze tra Maria Amalia d’Asburgo-Lorena con Ferdinando di Borbone, duca di Parma e Piacenza, celebrate a Vienna per procura il 27 giugno 1769 e poi il 19 luglio a Parma. Per l’occasione M. scrisse la cantata L’armonica, con musica di Hasse, a Schönbrunn.

È la Lettera seconda. Nella quale si dà la vera teoria de’ coralli, coralline, madrepore, ecc., correggendosi gli errori incorsi su ciò nella prima lettera, che forse non verrà mai inviata e ci è giunta incompleta. Cfr. Pietro Metastasio, Carteggio con Giuseppe Rovatti. Parte seconda (1770-1781), a cura di Giordano Rodda, Genova, GUP, 2022, pp. 237-340.

La prima parte del Prodromo è evidentemente la lettera del 29 luglio 1768. 

Il Saggio sopra gl’insetti, indirizzo a Madamigella **** si trova nei Manoscritti Campori, ms. γ M. 3. 12.

Per l’esattezza nel Dialogo secondo, dove il legniperda, o legniperdi, o ligniperda acquaiolo (insetto acquatico dell’ordine dei tricotteri) viene descritto così: «Dileguate appena le nevi, squagliati i ghiacci, e liberate l’onde vive dalle ingiurie della stagione più acerba, si veggono i silostori, o legniperdi acquaiuoli nuotanti pigramente nell’acqua, strascinandosi dietro quella loro ingegnosa casetta, tutta al di fuora di ruscelletti, e d’altri minuzzoli con industria mirabile fabbricata, per difendersi dalle ingiurie del tempo, e forse più dagl’inimici divoratori, assicurando il loro tenero corpicciuolo, coll’andare sempre rinchiusi dentro il proprio portatile covile» (Vallisneri, Opere fisico-mediche, vol. II, p. 38).

Degli Ichneumonidae (imenotteri parassitoidi che depongono le loro uova all’interno di un animale ospite), anch’essi descritti da Vallisneri nei Dialoghi, si era già parlato nella lettera del 29 luglio 1769.  

Il poemetto su Pioggia e Meteora, ossia note al poemetto delle pioggie, si trova nel ms. γ M. 3. 14 dei Manoscritti Campori.

Il grande chirurgo bolognese Pier Paolo Molinelli (1702-1764) e il chimico, igienista e fisiologo Jacopo Bartolomeo Beccari (1682-1766). 

Anche questo è un titolo ricalcato da Vallisneri (cfr. le Esperienze, ed osservazioni intorno all’origine, sviluppi, e costumi di varj insetti, con altre spettanti la storia naturale, e medica).

È tra le poche opere pubblicate di Rovatti, tre anni dopo: Epistola in versi di Giuseppe Rovatti sopra il poema di Dante scritta al Sig. Ab. Pietro Metastasio e dedicata S. E. il Sig. Marchese Alfonso Fontanelli Consigliere Intimo di Stato di S. A. S., Modena, Società Tipografica, 1772.