Al Signor Abate Pietro Metastasio a Vienna

Voi stupirete forse in sentire che vi scrivo di villa in questa stagione, la quale sembra atta solo a ricantucciare gli uomini, ed ivi a seppellirgli, nelle città. Ma pur voi che sapete i miei geni ne intenderete facilmente per voi stesso i motivi non solo giustissimi, ma necessari. In tempo che sempre alle osservazioni sopra gl’insetti così nemico, essendosi questi ingegnosissimi animaletti ricoverati in siti reconditi dall’ambiente più ingrato, e più freddo dell’aria, trovo molto onde soddisfare la mia curiosità. Questo loro ammirabile istinto di custodirsi l’inverno, e le differenze tra spezie, e spezie di farlo, è il soggetto appunto delle mie ricerche; ed ogni cosa che mi si pari davanti fa a mio proposito. Gli vado a ricercar nelle case, particolarmente ne’ solitari granai, e in altri luoghi disabitati, nelle bucherattole delle muraglie, negli screpoli, e spaccature degli alberi, sotto il mosco a pie’ de’ medesimi, nelle siepi, e in altri luoghi consimili, ove intorpiditi, gelati, e tolleranti un lungo digiuno, e un angoscioso deliquio come tante oziosissime macchinette rimangono sino alle prime aure tiepide di primavera, che richiamando per così dire a nuova vita i loro spiriti, ed eccitando a maggior urto, ed a movimento maggiore i loro liquidi, essi si destano da quel letargo che gli avvolgeva, si muovono e ritornano alle funzioni di già abbandonate, e poi riprese del vivere. Io colgo all’improvviso, per così esprimermi, la Natura, non dirò presentemente, ne’ suoi lavori, ma nelle sue tregue, e ne’ suoi riposi, né potrei ben dirvi abbastanza con qual piacere, ed interno compiacimento dell’animo mio. Le nevi solo, che ora che scrivo fioccano oltre il consueto, e alla disperata, e di già altissime sono, ed accompagnate da impetuosi, e gelidi venti, onde mi pare di essere nella Groelandia, o in altri paesi del Norte, esse, dico, vengono a turbare solamente le mie osservazioni: pure mi servono per altro verso, e poi tutte non le contrastano. Del resto io vivo una tranquillissima vita, nulla curando, anzi ridendo su gli strepiti gloriosi della città, pago della mia quiete, della mia libertà, de’ miei studi, de’ miei innocenti animaletti, che mi sono costante, e soavissima, compagnia. Voi riderete per avventura non dirò di queste mie sollecitudini, ma perché d’altro non parlo in questa lettera. Ma di che volete che io vi ragioni, se quelle sono le mie uniche idee, essendomi quasi quasi dimenticato d’ogn’altro; o almeno è per me troppo ardua difficoltà il non farne soggetto de’ miei discorsi?
          Il saggio sopra gl’insetti, di cui tempo fa vi parlai#1, è di già terminato: ma più non penso a mandarvelo, essendocché la materia cresciuta essendomi oltre misura sotto la penna, contro le prime mie intenzioni mi è riuscito laboriosissimo, contando in circa da quattrocento delle mie pagine manoscritte#2.
          Medito di scrivere un qualche dì, se avrò tempo, la vita di Giuseppe Riva mio zio#3, e vostro grandissimo amico, e nell’occasione medesima di pubblicare molte lettere a lui scritte particolarmente d’uomini dotti, tra quali voi#4, il Rolli#5, il Muratori#6, Stefano Benedetto Pallavicini#7, Marinoni#8, ed altri. Ma prima desidero di sentire un qualche vostro parere su ciò: e se fosse possibile di ottennerne, vorrei pur chiedervi alcune notizie del menzionato mio zio, o sieno politiche, o risguardanti altre faccende di lui; essendo egli per molto tempo vivuto vicino a voi#9, e vi avrò in esso comunicate più cose che non potrò sapere d’altronde.
          Nella mia ultima lettera in versi#10 a voi scritta non parlai da poeta, vale a dire fingendo, bensì da storico, né i sentimenti di lei diversamente esprimevano da quello che io internamente sentiva. V’erano delle nebbie non immaginate, ma vere, che essa senza ingrandirle mostrava. Ma voi le avete felicemente sgombrate. Vi ringrazio, e voi meritate ben altro che soli ringraziamenti. Amatemi, che vi riamo all’eccesso, ed avrò sempre motivo, onde dover protestarmi ecc.

Di villa il dì 5. gennaio 1770

 

A Pietro Metastasio, 24 agosto 1769.

Il Saggio sopra gl’insetti, indirizzo a Madamigella **** è oggi custodito presso la Biblioteca  Estense, nei manoscritti Campori, ms. γ M. 3. 12.

Il fascicolo Metastasio dell’Autografoteca Campori include anche otto lettere autografe del poeta a Giuseppe Riva, che corrispondono alle lettere 44, 45, 46, 47, 48, 49, 60 e 98 dell’edizione Brunelli; è ignoto se Rovatti fosse entrato in possesso di ulteriori lettere, ma l’eventualità appare probabile, a giudicare dalla natura evidentemente lacunosa del carteggio superstite Riva-M.

Nel fascicolo «P. Metastasio» dell’Autografoteca Campori sono conservati anche otto autografi di M. indirizzati a Giuseppe Riva. 

Le lettere di Paolo Rolli a Giuseppe Riva si trovano presso l’Autografoteca Campori, busta «Rolli».

Di Ludovico Antonio Muratori Giuseppe Riva fu il segretario dal 1712. Presso la Biblioteca Estense è custodita la maggior parte delle lettere di Riva: nell’Autografoteca Campori γ. Z. 4. 3-4 si trovano circa 300 lettere del periodo 1720-1740, mentre in γ. W. 3. 6 si trovano 55 lettere cifrate dal 1708 al 1723. Le lettere di Muratori a Riva sono conservate nel fondo Muratori (segnatura A. M. 48. 23.bis) e pubblicate nell’epistolario muratoriano: cfr. Ludovico Antonio Muratori, Epistolario, a cura di Matteo Campori, t. III e V-VIII, Modena, Società Tipografica Modenese, 1901-1911. Cfr. Timms, Music and musicians in the letters of Giuseppe Riva to Agostino Steffani, p. 27 e Lindgren - Timms, The correspondence of Agostino Steffani and Giuseppe Riva, 1720-1728, and related correspondence with J.P.F. von Schönborn and S.B. Pallavicini, «Royal Musical Association Research Cronicle», XXXVI, 2003, pp. 1-173.

Per le lettere a Stefano Benedetto Pallavicini cfr. Lowell Lindgren - Colin Timms, The correspondence of Agostino Steffani and Giuseppe Riva, pp. 33-34. 31 lettere sono custodite nella busta «Pallavicini» dell’Autografoteca Campori. 

Le lettere del cartografo e astronomo udinese Giovanni Giacomo Marinoni (1676-1755) a Giuseppe Riva si trovano presso l’Autografoteca Campori, busta «Marinoni».

Riva arrivò a Vienna nel 1729, un anno prima di M.

La lettera non conservata e a cui M. allude nella lettera del 13 novembre 1769.