Al Signor Abate Pietro Metastasio a Vienna
Appena dopo di avervi scritto l’ultima volta ricevei il grosso piego da voi mandato, ed a me portato dal signor capitano Benincasa, di che vi ringrazio, siccome debbo. Avrete già ricevuto a quest’ora l’altro mio piego per mezzo del signor barone di Taufferer#1, il quale mi fece il piacere d’incaricarsene amichevolmente. Tra poco avrete ancora, trovando un benevolo portatore, il mio poemetto sulle Fontane che ho finalmente stampato#2 dovendo essere omai alla fine della impressione, siccome mi ha scritto un mio amico, il quale corregge i fogli, non avendo io tempo di farlo.
Ora scrivo per altra faccenda, non solo dimandando, ma (lasciatemi dir così) pretendendo un servizio da voi, che non conviene in modo alcuno negarmi, e che come buon amico riceverò per una delle più care prove dell’amor vostro. Dovete sapere, perché intendiate il fine delle mie inchieste, che io medito di fare una ristampa dell’opere di medicina, e di storia naturale del nostro gran Vallisneri#3; e la nuova stampa di un monumento così prezioso dell’italiano sapere verrà da me abbondantemente arricchita di giunte, e di annotazioni, e di una lunga prefazione, in cui darò conto dello stato antico, e moderno della storia naturale, particolarmente di quella che risguarda gli insetti; delle più grandi scoperte, e d’altre simili cose, avendo preso un incarico di mio gusto (abbenché lungo, laborioso, e difficile) essendo quegli il favorito mio autore, e le cose da lui trattate i favoriti miei studi. Oltre l’accrescimento di questa fatta, vorrei ancora unirvi cose del nostro immortale, e tanto benemerito autore, che non fossero ancora stampate, come per esempio piccole Dissertazioni omesse nella prima raccolta di tutta l’opera del medesimo fatta nel 1733#4 dal dotto, e illustre suo figlio ancora vivente, Consulti medici, Lettere ecc. Posto ciò adunque, vorrei che voi procuraste di ottenermi lettere del detto autore, sapendo io avere egli avuto molte corrispondenze con dotti medici, e filosofi tedeschi, ancor viennesi; e per essere egli stato ascritto nel numero degli academici cesareo-leopoldini, si potrebbe anco dare che l’academia, o qualche privato academico conservasse o lettere, o memorie di lui tuttora inedite, e ignote al publico: e queste mi sarebbono gratissime né vi potrei dimostrare abbastanza, ottennendole, il mio piacere, e la mia gratitudine. Amico, per quanto amate uno che vi ama, e che vi stima all’eccesso, mostratevi sensibile a un desiderio sì giusto, ed onorato, abbenché l’onore non sia in alcun modo il fine delle mie fatiche, assicurandovi d’ogni mia sincera, e più tenera riconoscenza; e questo favore per me sì grato, e che mi prometto sicuro da voi, sarà noto non solo a me stesso ma ne passerà la ricordanza alla memoria de’ posteri con l’opere istesse, ivi volendo fare al mondo palesi quelli che avranno affaticato per secondare in questo lavoro il mio genio, e procurato mi avranno o lettere, o altre simili cose del nostro autore.
Questo grande da me nuovamente immaginato lavoro non uscirà così presto, essendo non breve il numero delle opere da illustrare; mentre il corpo intero della medesima forma ne’ grossi volumi in foglio di grande, e di piuttosto minuto carattere; e le note saranno in gran numero, e molte di esse, lunghissime. In esse avranno luogo più cose spettanti alla naturale istoria in più aspetti mirata alla medicina, alla notomia, alla fisiologia, ecc., raccogliendo quanto troverò confacente al lavoro delle opere di Beerhaave#5, di Van Swieten#6, di Haller#7, di Morgagni, di Winslow#8, di Bonnet#9, di Reaumur#10, di Lyonnet, di Spallanzani, di Swammerdamio, di Roesel#11, di Buffon, e di molti altri, oltre i giornali a queste materie spettanti, e i commentari di più academie. Non ostante le cose dette dagli altri, voglio collocare nell’opere mentovate mie osservazioni, e sperienze, quanto mi sarò più possibile. Ho fatto a questi ora curiosissime osservazioni sopra le vie dell’aria nella membrana che circonda le uova degli uccelli scoperte prima di tutti dal nostro immortale Bellini#12; sopra gli occhi degl’insetti, sopra le uove di alcune cimici selvaggie, le quali escono dalle medesime alzando un ritondo, e galantissimo coperchietto, che alle volte si torna a chiudere uscito il feto, altre volte si stacca, cade; o sopra alcune altre cose diverse, tra le quali hanno luogo osservazioni curiose, minute, e non poche intorno al custodirsi degl’insetti durante la fredda, a loro comunemente così nemica stagione, da me fatte nello scorso inverno a costo di grande stento, e fatica, essendo stato per molte volte, più ore in tempo del più orrido dell’inverno ne’ boschi, e ne’ campi, ed alle volte ancora al soffio di crudi venti, e sotto il cielo più aperto altre volte esposto alle nevi, e alle pioggie. Nella Divisione che fa degl’insetti il Vallisneri, parla generalmente di un gran numero di questi animaletti, addittando il modo, onde si cibano di diverse parti di piante, come vi abitano, e come in quelle le ingegnosissime madri depongono le loro uova#13; ed io ad ognuno di questi esempi voglio unire la sotira di una spezie, o almeno di un individuo degl’insetti, che in quella tal parte di pianta vive, abita, e cibandosi cresce: e così, oltre il mentovato luogo, in altri molti delle sue opere avvi un libero campo di poter fare descrizioni d’insetti, di raccontare, come si cibano, come si propagano, come si sviluppano, dove abitano, e vivono, o tutta, o parte della curiosa lor vita.
Prima di lavorare attorno al Vallisneri devo fare le note all’opere del nostro gran Redi#14; e per le note di questo ho la materia già in pronto, e molte e belle cose si ponno dire. Tra pochi giorni spero di potervimi porre dietro, terminate che abbia alcune altre piccole cose, che nelle ore che mi avvanzano dalle osservazioni degl’insetti, occupano la mia vite. Queste sono un breve, ma difficile scritto, che forma intorno a’ vagiti uterini ad occasione di una donna che andai anch’io a visitare, ed interrogare, intorno a questo, nel mese di febraio in una villa del bolognese, la quale siccome anco il marito, ed altri molto sentivano, o di sentire credevano, il suo feto a vagire nell’utero. A questa storia ne ho unito molt’altre trovate in medici antichi, e moderni, e cerco (il che non credo che di proposito niuno abbia fatto finora) di spiegare un così raro, e maraviglioso fenomeno. Ma io uso ogni cautela, artifizio in esporre le ragioni salvando sempre la verità delle cose; non essendo interamente né convinto né persuaso di questi vagiti, incontrando così spinose difficoltà, per cui sembrano affatto impossibili alla natura umana. Sono anco dietro a rifare alcune mie lettere scritte in altri tempi, ed occasioni su fatti spettanti a’ miei studi, siccome pur anco esperimento sul supposto veleno delle salamandre, e queste osservazioni, e sperienze quando saranno giunte a quel numero che pretendo, e che desidero, le unirò in una lettera indirizzata al signor Spallanzani mio riveritissimo, e carissimo amico, e la stamperò da sé, o con altre mie operette.
Le osservazioni degl’insetti, le quali non serviranno né per il Vallisneri, né per il Redi, saranno il materiale di un’altra opera, della quale altra volta vi parlerò, bastando il già detto finora, anzi avendovi con esso per avventura sovverchiamente annoiato.
Quando riceverete il mio poemetto stampato, avrete ancor forse altra cosarella del mio, e vorrei pur anco che fosse in pronto una lunga mia lettera in versi diretta a voi sopra Dante, la quale cominciai due anni sono, e nello scorso inverno fu terminata. Ma abbisogna di alcun poco di lima; ed io non ho tempo da potere far ciò. Addio amico dilettissimo; continuate a risguardare con occhio limpido, e benigno questi miei studi, e non con torbido sguardo, siccome a fare incominciano tanti nemici degli uomini; i quali o non ebber mai capo, o, per dirlo con espressione dantesca, hanno perduto il bene dell’intelletto. Amatemi, come solete, ed abbracciandovi vostro immutabilmente ecc.
Di villa il 29. luglio 1770
Vallisneri, Opere fisico-mediche, vol. I, p. 208.