Al Signor Abate Pietro Metastasio a Vienna

Di settembre ricevei la lettera vostra, nella quale lessi, ed ammirai le vostre infaticabili diligenze usate a mia richiesta per gli scritti desiderati; delle quali vi rendo quegli ringraziamenti, che ben merita la vostra industria, e la vostra propensione per me. Voleva allora farlo, ma di giorno in giorno aspettando altra vostra lettera ad occasione dell’arrivo de’ libriccinoli mandativi, ho in finadora aspettato.
          Per riguardo a’ suddetti libri oggi, e non prima ho saputo da Mantova, che successe uno sbaglio nella spedizione de’ medesimi a cagione di non essere presente chi n’era stato incaricato da me. Così mi scrisse l’amico ... Onde se non gli avete fatto levare, o che la spesa non abbia ad essere leggerissima, non gli state a prendere; e lasciategli dove si trovano, o alla posta, o in dogana, o altrove che siano; mentre ne manderò altre copie, d’altra parte volgendomi, avendo trovato quella troppo intricata, e dispendiosa. Se poi fossero venuti alle vostre mani, e doveste aver fatto la non piccola spesa, io non posso che rattristarmene, e dimandarvi riverentemente perdono; ma perdono d’un fallo non mio, ma altrui, mentre appunto aveva scelta quella via che m’era sembrata, per quanto mi venne riferito, più libera, e più spedita. Io non so, se per mezzo della casa Montecuccoli potrà ottennere il mio intento in riguardo al piego, che dovrò forse mandare; sebben qui in Modena non saprei, chi potesse avere più facile comunicazione con Vienna, pure in ogni caso mi potete scrivere qualche cosa, particolarmente dicendomi, se battendo prima la strada di Firenze a cagione di quella corte potesse il piego giugnere sicuramente; e quando tal corsa sia a proposito, a chi debba farlo raccomandare. Ancora in caso che le copie mandatevi siano in vostre mani, né più abbia a spedirne delle altre, non solo inutili tali notizie, poiché da qui innanzi anderò stampando diverse piccole cosarelle, le quali e l’amicizia e il dovere, e il desiderio esigono, non che persuadono, che non siano ignote a’ vostri sguardi, sebbene unicamente per ricevere un benigno vostro compatimento.
          La prima cosa che anderà a stampa, tra poco, è una lettera già formata da un mese e più sopra il creduto veleno delle salamandre acquaiuole#1, che ho trovato supposto, non già veridico, avendo voluto fare ancora esperienza sovra di me medesimo, con essermi fatto mordere particolarmente da una salamandra#2, da me prima irritata, nel petto dopo di aver levata in quel sito la pelle. Però non volli far questo, se non dopo essermi assicurato con un gran numero di esperienze, e ciò per motivo di relligione, e perché la mia vita mi è troppo cara.
          Io vado proseguendo le mie osservazioni sopra gl’insetti, per quanto permette la presente stagione, che a loro è così nemica. Se l’incostanza di questa finora sovventemente piovosa, e sempre nuvolosissima, non l’impediva, sarei già a quest’ora tornato a’ miei amati recessi della campagna per la ragione medesima che colà mi trattenne buona parte dello scorso inverno, cioè per sorprendere quegli intirizzati animaletti ne’ loro invernali ritiri. Ma non veggo il momento di potere ciò fare, troncandone la dilazione.
          Sperava di poter terminare in villa certe cose che mi occupano presentemente; ma ho colà sempre dovuto impiegare il tempo in preparare materie per altre più grandi, e più laboriose mie opere, che se avrò vita un giorno usciranno alla luce. L’idea della ristampa del Vallisneri con le note sempre più mi diletta, e si fa maggiore. Le osservazioni che m’impiegheranno nell’anno avvenire sono in gran numero, e molto amene, e curiose; e di queste altra volta, se vi piace, vi parlerò, non comunicando i miei pensieri che a qualcuno degli amici più intimi, e più fedeli, perché alle volte comunicandole senza riguardo, la voce corre; altre se ne invaghiscono, e prevengono, con la stampa, chi aveva già fatto la fatica di sciogliere le cose, e di meditarle. Addio. Conservatevi, e sono ecc.

Modena 11. dicembre 1770

 

Nelle lettere a Spallanzani del 1770 si trovano diversi riscontri di questo nuovo progetto; cfr. ad es. a Giuseppe Rovatti, 3 settembre 1770: «Se voi mi vorrete far gustare qui in Scandiano il vostro manoscritto intorno al veleno delle salamandre acquaiole, prima di farlo pubblico con le stampe, mi farete cosa gratissima» (Spallanzani, Carteggio, p. 153). La lettera dissertatoria venne comunque lodata da Spallanzani, cfr. a Giuseppe Rovatti, 11 novembre 1770: «L’impressione che ha fatto in me la farà pure negli altri, e mi fo mallevadore anticipatamente che la ridetta dissertazione comincerà a mettervi nel numero de’ bravi naturalisti d’Italia» (ivi, p 156).


«Lodo il vostro coraggio di provare se la salamandra è velenosa a vostre spese» (a Giuseppe Rovatti, 1° novembre 1770).