Al Signor Metastasio

Vedete fatalità di dover scrivervi un’altra volta; o per dir meglio fortuna, che mi vuol compensare della perdita da me fatta di vostre lettere per il silenzio de’ mesi scorsi. Chi scrisse al prelato di santa Dorotea, non ha ancora avuto da esso risposta, benché viva impaziente. Non dubitando del sicuro recapito della lettera nelle sue mani, fa mille sospetti, a niun de’ quali non è capace a determinarsi; quando non fosse quello di aver mancato ne’ titoli di cui sono così gelosi codesti buoni teutonici. Si raccomanda di saper qualche cosa, ed io non so ricorrere ad altri che a voi per sollecitarlo a rispondere. Vi prego adunque di questo, se avete il modo di poterlo far destramente; e senza che se ne offenda. Con dispiacere vi addosso una tale briga; ma il desiderio di servir l’amico, che a braccia aperte sta aspettando la lettera che mai non viene, mi costringe a non sottrarmene. Compatitemi, o almeno scusatemi se così spesso mi abuso dell’amicizia.
          Non aggiungo più altro quanto vi scrissi l’ultima volta, comprendendo che non volete sentire a parlar di compenso che vi si faccia. Aspetto il tempo in cui saprete rivalervi sopra di me, come vi esprimete nella vostra lettera. Io scrissi con fervore non per inclinazione ippocondriaca, come pare che voi sospettiate, ma per certa mia naturale delicattezza che mi porta a non permettere che altri abbia a soffrire per cagion mia. 
          Qui corre una focosa stagione; e io duro una fatica da cane a studiare: pure nell’ore che ho libero, lo fo giorno, e notte, e più che leggere, scrivo, il che mi viene ancor più bestiale. Per altro sto di salute assai bene: se sia per durare non so; non sentendo in casa parlare ancora di far [?] e questa in tale stagione non solo mi è utile, ma necessaria. Addio. Divertitevi voi con le Muse, mentre io del continuo mi annoio in mezzo ad imbarazzi, per me disgustosi, o in minuti dettagli di cose che nulla concedono al genio; amatemi come solete; e credetemi sempre sempre ecc.

6 luglio 78