15 8bre 1780#1

A Metastasio

Non posso far cosa più grata a me stesso, amico caro, di quello che io faccia scrivendo a voi, e trattenendomi perciò alquanto con un amico che sovra ogni altro e stimo ed amo, quanto per me si possa mai stimare, ed amare. Vengo a coronare in tal guisa il piacere da me goduto in questo ameno soggiorno, che domani sono costretto ad abbandonare; e che tanto è appresso di me benemerito delle mie naturali osservazioni. Io ebbi già mesi sono fedelmente la vostra lettera annunziatrice della intatta, e lieta vostra salute; la quale accrebbe in me a dismisura quell’impeto di allegrezza da cui non poteva non venir trasportata in somigliante occasione. Chi non ama per così dire di vivere se non in quanto è sulla via di potere amar voi.
          L’assicurazione istessa avuta mediante la vostra lettera, è stata ancor confermata da chi è venuto da codeste parti#2, al ritornarvi che farà in breve, sarà portatore di questo foglio, se pure sarò a tempo di fargliene aver nelle mani, essendo stato poco fa avvisato del sudetto incontro per Vienna.
          Mi ricordo che l’anno scorso vi promisi di mandarvi uno scrittarello#3 che aveva in anima allora di stendere in qualche ora di ozio. Ma non avendo mai avuto un momento libero la cosa è andata a vuoto, onde mi scuserete se sono stato in certo modo infedele alle mie promesse. Sempre mi persuado (senza che mai arrivi ad illuminarmi) di potere far più di quello che posso, o che mi permettono gli ordinari miei studi; i quali si aggirano su tali oggetti, che non lasciando prendere misura alcuna, balzando fuori ad ogni tratto cose non prevedute, e che non potevano entrare per conseguenza nel piano già stabilito.
          L’affare degli accoppiamenti de’ miei lumaconi-mignatte, di cui vi parlai l’anno scorso#4, è durato sino dopo la metà di settembre dell’anno presente; onde mi è convenuto aver la pazienza, e la noia di visitare per più di un anno i vasi appartenenti a’ medesimo sessanta, e in alcuni tempi ancor cento volte per giorno: anzi, siccome ancor vivono alcuni di questi imprigionati amatori, così continuo a spiarli nel modo stesso, perché non mi sfuggano le mentovate loro funzioni in caso che tornassero a rinnovarle [...]

La lettera è mutila, o meglio Rovatti ha interrotto la scrittura della minuta all’inizio della c. 182v.

Il marchese Antonio Maria Frosini, proprietario delle terre che Rovatti a quest’altezza amministrava per suo conto; futuro cardinale, fu inviato a Vienna da Francesco III come inviato straordinario e ministro plenipotenziario presso la corte cesarea. Cfr. Diletta Della Latta, I Frosini. Storia di una famiglia pisana dal XIII al XIX secolo, «Bollettino storico pisano», LXXIII, 2004, pp. 307-342: 333-334.

Probabilmente il supplemento al Saggio del Vallisneri; cfr. a Pietro Metastasio, 25 dicembre 1778.

A Pietro Metastasio, 10 settembre 1779.