Udine, 20 luglio 1760#1

Illustrissimo Signore Signore Padrone Colendissimo

Avendo richiesto ad un mio amico, che fu due anni sono a Vienna, quale incontro avessero in codesta imperiale città le mie poesie, esso mi assicurò con tutta ingenuità che tutti i letterati italiani, ed ella in particolare, gentilissimo signor abate, le avevano sempre sostenute colla loro benigna approvazione; ma mi aggiunse che alcuni bei spiriti francesi non gustavano le canzoni e i sonetti, anzi le riguardavano quasi componimenti frivoli ed innetti, come che le grazie poetiche non potessero aver luogo nella lirica, e che il genio italiano non fosse capace di cose maggiori. Benché i di lei drammi meravigliosi possono giustificare abbastanza la nostra lingua dalle ingiuste critiche degli Oltramontani, non ostante ancor io ho animato la mia musa a lavorare due canti in ottava rima nell’occasione delle splendidissime nozze dell’arciduca Giuseppe#2 non solamente così per zelo del buon nome italiano, ma come per dare un nuovo attestato della mia ossequiosa venerazione alla augustissima imperatrice regina#3. Anzi mi era caduto in pensiero di venire in persona a fare l’offerta di questo mio poemetto all<a> clementissima sovrana. O qual contento sarebbe stato il mio di rivedere in tal incontro un sì dolce amico e buon padrone qual ella mi è da tanto tempo, e di significare a viva voce i sentimenti della mia indelebile riconoscenza a sua eccellenza il signor conte di Keve<n>hüller#4 mio benefico mecenate. Ma sono ancora irresoluto non tanto per la lunghezza del viaggio, e per la spesa considerabile che dovrei incontrare per far qui una figura propria e convenevole al mio carattere, ma per un giusto compatimento alla consorte, la quale da un mese si trova assalita da frequenti e pericolose convulsioni, e non potrei abban<d>onarla in uno stato sì deplorabile senza una spezie di crudeltà. Credo che l’animo ben fatto del signor abate Metastasio compatirà la mia presente costituzione, ed approverà la giusta tenerezza d’un fido marito; perché com’ella osserva con filosofica penetrazione nel Demofonte#5, l’amore della moglie e de’ figli è un affetto che ha la sua origine nella legge di natura e nell’ordine, e gli altri sono beni che acquistano pregio dalla sola opinione.
          Non posso però dissimulare, che non poco m’incresceria il dover perdere il frutto del<la> mia studiosa fatica, in cui ho procurato di esprimere l’indole de’ chiarissimi sposi, e di raggirare la macchina del poemetto sulla presente condizione degli affari, e so<v>ra il genio delle corti. 
          In dubbio fra tanto che io possa portarmi in queste parti, spedisco il manoscritto al mio signor abate Freddi#6 mio corrispondente, accioché lo faccia leggere a vostra signoria illustrissima ed esaminare dal di lei finissimo discernimento. Se a lei sembrerà che io abbia colpito nel segno, e che l’opera possa farmi qualche onore, la supplico ad interporre la sua valida mediazione presso sua eccellenza il gran ciambellano, accioché egli mi faccia l’onore di presentar questo mio poemetto alle loro Maestà, all’arciduca ed all’infanta di Parma#7, la quale come nata in Italia, potrà comprendere e gustare la poesia italiana. M’immagino, ch’ella sarà al presente occupata a far mettere in musica qualche suo bellissimo dramma composto per questi solenni imenei#8; ma non ostante spero, che le avvanzerà qualche momento da impiegare a favore dell’amico, che a lei si raccomanda con la maggior fiducia. Già esperimentai la di lei obbligante attenzione e gentilezza, quando fu prodotto a luce il mio poemetto della Provvidenza#9; e nella presente occasione aspetto dal suo intendimento e dal suo bel core una prova non meno convincente di quella vera amicizia che da gran tempo ne unisce, ond’io resti in qualche maniera consolato nella mia disgrazia, e trovi qualche compenso del gran discapito che provo di non poterle in persona attestare que’ speciosi titoli, che ancor da lontano mi fanno e mi faranno essere in ogni tempo con uguali sentimenti di stima e di rispetto.
 

Fa il paio con la lettera del 20 agosto 1760 di M.

I due canti «Politica Ragion, che vegli intesa» (53 ottave) e «Quel vero Amor, che al par del Mondo è antico» (444 ottave), poi a stampa, col sonetto «Che giorno è questo? Fra le Grazie e il riso» dedicato all’Imperatore e all’Imperatrice Regina, in Per le felicissime nozze delle LL. AA. RR. l’Arciduca Giuseppe d’Austria e la Principessa Isabella di Borbone. Canti due, Vienna, Giovan Tomaso Trattner, 1760.

Maria Teresa d’Asburgo.

Johann Joseph von Kevenhüller (1706-1776), dal 1742 Maggiordomo maggiore di corte, dal 1763 Principe dell’Impero (con aggiunta del cognome Metsch). Ha lasciato un diario della sua vita (Aus der Zeit Maria Theresias, Tagebuch des Fürsten Johann Josef Khevenhüller-Metsch, kaiserlichen Obersthofmeisters, 1742-1776, Wien, Adolf Holzhausen, 1907-1917). Era in rapporti di amicizia col Florio, che a lui si rivolgeva, in genere con la mediazione di M., per far giungere i suoi versi a Maria Teresa e agli altri membri della famiglia imperiale.

Il Demofoonte, musica di Antonio Caldara, fu eseguito per la prima volta a Vienna il 4 novembre 1733; Per il riferimento della lettera, cfr. a. II, sc. V, vv. 1-13: «[Timante] Gran passo è la mia fuga. Ella mi rende / e povero e privato. Il regno e tutte / le paterne ricchezze / io perderò. Ma la consorte e il figlio / vaglion di più. Proprio valor non hanno / gli altri beni in se stessi, e li fa grandi / la nostra opinion. Ma i dolci affetti / e di padre e di sposo hanno i lor fonti / nell’ordine del tutto. Essi non sono / originati in noi / dalla forza dell’uso o dalle prime / idee, di cui bambini altri ci pasce: / già ne ha i semi nell’alma ognun che nasce».

Biagio Freddi era nipote di Teresa Morassi, sorella di Giovanni Giacomo Marinoni, da cui fu assunto come segretario (a Florio, 6 maggio 1752, comunicava la decisione di accoglierlo presso di sé) e quindi nominato suo erede. Freddi compare in diverse lettere di Marinoni, che costituiscono uno dei segmenti più cospicui dell’epistolario di Daniele Florio. Sarà Freddi a comunicare a quest’ultimo (da Vienna, 11 gennaio 1755) la morte del Marinoni (Udine, Archivio di Stato, Archivio Florio, II, 181.4). Dopodiché, Freddi dovette subentrare come punto di riferimento di Florio nei soggiorni viennesi; cfr. lett. di Daniele al fratello Francesco, da Vienna, 7 settembre 1771 (Udine, Archivio di Stato, Archivio Florio, II, 181.4): «partito domenica passata da Gorizia all’ore 22, sono solamente arrivato in quest’oggi in questa Imperiale città due ore dopo il mezzo giorno, ove graziosamente sono stato accolto nel solito albergo dal mio cordialissimo Ospite ed Amico il Signor Abate Freddi». Giovanni Giacomo Marinoni (1676-1755) è un nome importante nella storia della scienza e della cultura. A Vienna era matematico cesareo, cartografo e direttore dell’Accademia di ingegneria militare; dal 1726, nobile del Sacro Romano Impero e dal 1728 aggregato all’ordine nobile di Udine. Florio gli dedicò alcuni versi nell’occasione della pubblicazione del De astronomica specula domestica et organico apparatu astronomico libri duo, Vienna: Leopoldus Joannes Kaliwoda, 1745, relativi all’osservatorio astro-nomico da lui fondato a Vienna (All'illustrissimo signor Giacomo Marinoni patrizio udinese consigliere e mattematico cesareo e degl'incliti Stati dell'Austria inferiore ascritto all'Accademie delle Scienze di Bologna e di Napoli in occasione del libro da lui dato nuovamente alla luce sopra il suo domestico osservatorio e gli strumenti astronomici sonetto di Nivisco Lesio pastore arcade, Udine, Giambattista Fongarino, 1746). Su di lui cfr. Anna Giulia Cavagna, I libri di Giovanni Giacomo Marinoni, in Gli spazi del libro nell'Europa del XVIII secolo, a cura di Maria Gioia Tavoni e Françoise Waquet, Bologna, Pàtron 1997, pp. 129-152, e la voce di Liliana Cargnelutti in Nuovo Liruti, a cura di Cesare Scalon, Claudio Griggio e Ugo Rozzo, II. L’età veneta, Udine, Forum Editrice, 2009, pp.1603-1611.

Giuseppe II d'Asburgo-Lorena (1741-1790), dal 1765 imperatore del Sacro Romano Impero, e Isabella di Borbone-Parma (1741-1763), infanta di Spagna e principessa di Parma, arciduchessa e principessa ereditaria d'Austria come moglie dell'erede al trono imperiale.

Si riferisce ad Alcide al bivio, musicato da Johann Adolf Hasse, composto per le nozze dell’Arciduca Giuseppe con Isabella di Borbone, celebrate il 6 ottobre 1760. In Udine, Università degli studi, Biblioteca Florio è conservata la copia (Florio 927) della stampa, con dedica dell’autore alla moglie di Daniele, Vittoria Valvason di Maniago: cfr. lett. di M. del 24 ottobre 1760.

La Provvidenza alla S. I. R. M. di Maria Teresa regina d’Ungaria e di Boemia per li felici progressi delle di lei armi. Poemetto del co. Daniele Florio presentato nel giorno del gloriosissimo nome della maestà sua: cfr. a Daniele Florio, 22 ottobre 1757.

 

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era caduto in ] avevo ostinato aggiunta, variante alternativa posta in sopralinea
sono ancora irresoluto ] sospeso | non so risolvermi aggiunta, variante alternativa posta in sopralinea
tanto ] già aggiunta, variante alternativa posta in sopralinea
la lunghezza del ] gli incomodi del lungo aggiunta, variante alternativa posta in sopralinea
che dovrei incontrare ] che molto volentieri incontrarei aggiunta, variante alternativa posta in sopralinea
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convenevole ] in sì favorevole congiunzione aggiunta, variante alternativa posta in sopralinea
ma per un ] ma la mia irresoluzione nasce solamente da un aggiunta, variante alternativa posta in sopralinea
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e … abbandonarla ] e che non potrei abbandonar[e > la]
presente condizione ] politico sistema aggiunta, variante alternativa posta in sopralinea
In dubbio ] sull’incertezza aggiunta, variante alternativa posta in sopralinea
a vostra signoria illustrissima integrazione posta in interlinea
onore ] credito aggiunta, variante alternativa posta in sopralinea
dell’amico ] di un A. aggiunta, variante alternativa posta in sopralinea
obbligante integrazione posta in interlinea
trovi ] abbia aggiunta, variante alternativa posta in sopralinea
speciosi ] specioziosi (errore probabilmente per a capo: specio/ziosi)
rispetto ] gratitudine aggiunta, variante alternativa posta in sopralinea