Udine, 4 maggio 1776

Illustrissimo Signore Signore Padrone Colendissimo

Oh quanto inaspettata e grave si è la perdita, che abbiamo fatta, dell’imparegiabile signor principe di Kevenhüller#1. Ella signor abbate gentilissimo, che appieno conosceva le rare qualità di quel raguardevole personaggio, e il vivo impegno con cui per tanti anni mi ha appoggiato presso codesta augustissima Corte, può facilmente comprendere quanto sensibile mi sia riuscito un tal colpo, e colpo improvviso, anzi dalla stessa sua afflizione deve misurarne la mia. Il sonetto#2, che le sarà stato comunicato dal signor abbate Agostini#3, è una sincera bensì, ma troppo languida immagine del mio dolore. Soddisfatti i doveri dell’umanità non ne rimane che adempiere a quelli della religione, i quali sono più sacri e più consolanti.
          Amico carissimo, ella può ben immaginarsi quanto io con fervidi voti affrettassi il felice momento di baciare le mani a cotesta clementissima sovrana e mia liberal benefatrice in Gorizia; ma poiché la Providenza ha disposto altrimente, io le confesso ingenuamente che di buon animo sacrifico ogni mio particolare onore e contento alla viva premura della di lei preziosa salute. Avevo disegnato di umiliarmi a sua Maestà non già qual giusto ed indefesso celebrator delle sue lodi, ma qual fedelissimo suo ciambellano. Non ostante, come un esperto soldato non va mai, come si dice, in campo senz’armi, così avevo preparato qualche sonetto, con ferma deliberazione però di non produrlo se non quando fossi stato invitato da qualche personaggio della Corte, o da qualche cavaliere mio amico di Gorizia. Tra questi mi permetta, signor abbate carissimo, che le faccia parte di un sonetto da me composto per il giorno natalizio di sua Maestà l’imperatrice regina#4, il quale son più che certo sarà letto con piacere da lei, da sua eccellenza il gran ciambellano#5, e dalla scelta compagnia della signora contessa Figuerola#6 per il sublime ed interessante argomento. Desidero che tutti rimangano persuasi e convinti del mio vivo zelo e costante attaccamento all’augustissima casa: ch’è il mio vero carattere, sotto cui mi rapresentò l’illustre defunto raccomandando il noto affare a sua eccellenza il signor conte di Rosemberg. Continui pure vostra signoria illustrissima a riguardarmi sotto quell’aspetto di vera amicizia ed altissima stima, con cui realmente mi pregio d’essere

Udine 4 maggio 1776

Di Vostra Signoria Illustrissima
Devotissimo Obbligatissimo Servitore Vero ed Amico
Daniele Florio

 

Il principe di Kevenhüller era morto il 18 aprile 1776.

Il sonetto sulla morte del Principe di Kevenhüller, Ciambellano maggiore della corte imperiale.

Potrebbe trattarsi dell’abate Valentino Agostini, della Congregazione della Chiesa nazionale italiana in Vienna, morto nel 1814 all’età di novant’anni. 

Il sonetto celebrava il giorno onomastico della nascita di Maria Teresa (13 maggio); poteva trattarsi di uno dei due che avevano accompagnato nella stampa del 1757 il poemetto La Provvidenza «Per li felici progressi delle di Lei Armi […] presentato nel giorno del Gloriosissimo Nome della Maestà Sua»: «Gran Dio, che scopri gl’intimi disegni», e «L’Olimpica non fervida arena».

Il conte Franz-Xavier-Wolfgang von Orsini-Rosenberg (1723-1796), subentrato al Kevenhüller come Ciambellano maggiore.

La figlia di Gertrude e di Josep Figuerola y Arguillol, nipote di monsignor Perlas: cfr. lett. a Florio del 26 aprile 1766.
 

 

 

Amico carissimo ] aggiunta, integrazione posta in interlinea
quanto io con ] con quai variante alternativa posta in sopralinea