#1 Al signor Algarotti a Dresda

Sarei colpevole riveritissimo Signor Conte di troppo grave fallo appresso la pregiabilissima sua persona; se avessi tanto tempo volontariamente differita la risposta, ch’io dovea all’obbligantissima sua lettera, capitatami fin dagli ultimi giorni dello scorso settembre, ma un violento catarro, che corteggiato da molte incomode circostanze mi ha lungamente afflitto e non ancor del tutto abbandonato, se ha potuto già farmi comparir disattento, vaglia almen ora per discolparmi. Non è facile ch’io le spieghi quanti motivi di ammirazione e di compiacenza abbia incontrato nel suo riveritissimo foglio. Che un’opera mia sia costì stata scelta al divertimento reale; che la Didone abbia potuto esser eletta, anche senza l’incendio, a cui l’ho sempre creduta in gran parte debitrice di sua fortuna; che dovendo farsi in essa cambiamento sia caduta in mani così amiche e così maestre; che la sua scrupolosa delicatezza abbia e voluto e saputo far uso così leggiadro de’ più minuti ritagli d’un panno immeritevole di tanto risparmio#2, e che finalmente l’incomparabile sua cortesia si sia ridotta fin all’eccesso di giustificarsi d’un beneficio: son tutte riflessioni che mi sorprendono e mi consolano e che mi tentano tanto di vanità quanto mi riempiono di riconoscenza#3. Quali grazie poi le renderò mai per la bellissima licenza di cui si è compiaciuto di farmi parte: essa è ben degna e del soggetto e dello scrittore et ha saldamente confermata in me la stima che da lungo tempo mi aveano giustamente inspirata per lei non meno il voto del pubblico che le dotte et ingegnose sue produzioni; me ne rallegro seco ma forse meno che con me stesso, di cui è tutto profitto l’aggiunta d’un ornamento di tanto pregio #4. Oh son pur contento che ella sia finalmente risoluta di far godere all’Italia il frutto delle sue lunghe peregrinazioni! Ponga sollecitamente in effetto così giusto pensiere: io ne sono impaziente e per la gloria che ne presagisco alla nostra Patria; e per quel piacere che mi prometto nel suo passaggio per questa città#5. Riserbo a quel tempo tutti i rendimenti di grazie ch’io debbo alla sua troppo generosa parzialità, la quale per altro è così prodiga delle mie lodi che giungo ad arrossirne benché poeta. Se ella non pensa a moderarle, è pericolo che alla fine il mio rossore degeneri in vanità. Io non sono incallito abbastanza nelle massime di Zenone e di Crisippo per diffendermi da simili tentazioni che congiurano per sedurmi con tutto il merito d’un lodator così degno#6.

        Subito che mi sia permesso d’uscir di casa dirò al signor Bertoli quanto ella si è compiaciuta commettermi#7. Ei ne sarà contentissimo né lo sarà meno il Signor Conte#8 nel trattar un uomo così ammirabile per la sua eccellenza come adorabile per il suo costume; et augurandomi intanto la sorte di meritare alcun suo comando, pieno di stima, di gratitudine e di rispetto mi sottoscrivo

La lettera, priva di indicazione cronologica nella tradizione manoscritta, viene erroneamente datata all’altezza del 1745 in Vi1795, I, p. 231, e nella tradizione successiva. Come rileva Brunelli, la missiva risponde invece alla lettera di Algarotti del 16 settembre 1742

Metastasio riprende qui la metafora algarottiana usata nella lett. I: «Ma la difficoltà stava nel dare alle mie parole una qualche sembianza delle sue, acciocché la composizione non avesse poi viso di un panno tessuto parte di seta, e parte di lana».

La benevola approvazione della Didone sassone (cfr. la lett. I del 16 settembre 1742), motivata – tra le varie ragioni – anche dall’interesse di Metastasio a promuovere i suoi drammi alla corte di Dresda, sembra in realtà celare una certa diffidenza che non riguarderebbe solo la soppressione delle scene finali, ma potrebbe alludere anche alle scelte stilistico-formali adottate da Algarotti. In altri passi del carteggio Metastasio avanza infatti riserve sul lessico e sulla eccessiva prosasticità della poesia algarottiana, anche se in un contesto diverso dalla scrittura drammaturgica: sul tema cfr. Candiani, Tra Vienna e Dresda, pp. 278-279.

Si riferisce alla licenza algarottiana Per l’Anniversario del giorno natalizio di Augusto III Re di Polonia Elettore di Sassonia, il quale ricorre il dì 23 agosto, acclusa alla lett. I del 16 settembre 1742.

Metastasio accetta di buon grado la richiesta di un incontro personale avanzata da Algarotti nella lett. I del 16 settembre 1742 in occasione del suo prossimo passaggio a Vienna. Tra marzo e maggio 1743 l’autore risiederà in effetti a Vienna, ma non si hanno prove documentarie che confermino la possibile visita al poeta cesareo.

Zenone di Cizio e il suo allievo Crisippo sono considerati i fondatori dello stoicismo, che persegue un ideale di saggezza basato sul distacco dai desideri terreni e sul controllo delle passioni.

Metastasio non specifica l’informazione da riferire a Bertoli, forse contenuta in un passo della lett. I non tramandato dalle stampe. Il pittore friulano Daniele Antonio Bertoli (1677-1743), disegnatore di camera di Carlo VI dal 1710, era ideatore di costumi per gli spettacoli di corte. L’artista, inoltre, è autore del ritratto di Metastasio pubblicato su incisione di Andreas e Joseph Schmuzer sull’antiporta del primo volume dell’edizione delle Opere drammatiche, Venezia, Bettinelli, 1733, su cui cfr. Rossana Caira Lumetti, Le illustrazioni di alcune edizioni settecentesche di Metastasio, in Il melodramma di Pietro Metastasio. La poesia, la musica, la messa in scena e l’opera italiana del Settecento, a cura di Elena Sala Di Felice, Rossana Caira Lumetti, Roma, Aracne, 2002, pp. 631-676; Pietro Metastasio, Lettere a Giuseppe Bettinelli, a cura di Pietro Giulio Riga, Genova, Genova University Press, 2021, passim. Dal 1731 Bertoli era ispettore della pinacoteca e della galleria imperiali e, in virtù dei comuni interessi artistici, aveva stretto rapporti con il conte di Canale e con Algarotti, facendo da intermediario per l’acquisto di un quadro da parte di quest’ultimo per la collezione di Augusto III (cfr. Posse, Die Briefe, pp. 1-73; Relazione storica de’ quadri acquistati dal conte Francesco Algarotti per la maestà del re di Polonia Elettore di Sassonia, in Lettere artistiche del Settecento veneziano, vol. I, a cura di Alessandro Bettagno, Marina Magrini, Vicenza, Neri Pozza, 2002, p. 122). Sul suo ruolo alla corte viennese si rimanda a Enrico Lucchese, Un cane alla corte imperiale di Vienna: i ritratti del «famoso Pattatocco», in «Italies», xii, 2008-2011, pp. 397-408, e ai contributi di Jean-Philippe Huys, Stefano Aloisi, Silvia Tammaro, Nina Kudiš e dello stesso Lucchese in Patrons, Intermediaries, Venetian Artists in Vienna and Imperial Domains (1650-1750), a cura di Enrico Lucchese, Matej Klemenčič, Firenze, Polistampa, 2022.

In Vi1795, I, p. 231, e nella tradizione successiva, si riporta «il signor conte Canale». Luigi Girolamo Malabaila, conte di Canale (1704-1773) è una figura di grande interesse nell’epistolario metastasiano. Nato a Torino e presto avviato alla carriera diplomatica, Canale giunge a Vienna come ministro del re di Sardegna nel gennaio 1737 dopo avere svolto l’incarico di ambasciatore in Olanda, e resta nella capitale austriaca fino alla morte, avvenuta il 18 luglio 1773. Entra nell’ambito della corte imperiale in virtù del matrimonio con Maria Anna Palffÿ-Ordöd, legandosi al circolo di Marianna Pignatelli d’Althann, la cui figlia aveva sposato Niccolò Palffÿ. Sotto il patronage della contessa matura la stretta amicizia con Metastasio, avviata nel 1737 e portata avanti negli anni con frequenza quasi giornaliera secondo un serratissimo dialogo filosofico-letterario, spesso condotto in compagnia del barone di Hagen, e improntato sullo studio e sulla traduzione dei classici (Aristotele, Orazio e Giovenale), sull’interesse per le arti figurative e sui rapporti di committenza teatrale e artistica, come confermano i contatti, tra gli altri, con il pittore Gregorio Guglielmi e, appunto, con Daniele Antonio Bertoli. Delle letture del Canale resta invece traccia nei tre volumi dei Comptes rendus à lui même, uno zibaldone manoscritto oggi conservato presso l’Archivio dell’Opera Pia Barolo di Torino, nel quale il conte annota e commenta i libri di suo interesse, dedicando particolare attenzione ai moderni. Da questa e da altre lettere del carteggio emerge inoltre la familiarità di rapporti tra Canale e Algarotti nell’ambito di una triangolazione amicale sviluppata in gran parte a distanza e rinsaldata da almeno un incontro diretto nella biblioteca del Canale durante il passaggio di Algarotti a Vienna nel 1746 (cfr. lett. 3 del 7 maggio 1746: «Passò per Vienna sul finire dell’inverno del 1746 il Conte Algarotti per restituirsi a Dresda», e lett. 12 del 16 settembre 1747: «Nel solito a voi noto recesso dell’angusta sua [di Canale] libreria»). Tra i due sono testimoniati anche contatti epistolari diretti, come dimostra il manoscritto BACR, Concordiano 329/84, contenente una lettera del Canale ad Algarotti spedita da Vienna l’8 novembre 1751. Sul Canale cfr. Alberto Beniscelli, Diplomazia, letteratura, arti: l’amicizia tra Metastasio e il conte di Canale, in Diplomazia e letteratura tra Impero asburgico e Italia (1690-1815) / Diplomatische und literarische beziehungen zwischen der Habsburgermonarchie und Italien (1690-1815), a cura di Sieglinde Klettenhammer, Angelo Pagliardini, Silvia Tatti, Duccio Tongiorgi, Roma, Edizioni di Storia e Letteratura, 2021, pp. 71-91, poi in Id., «I più sensibili effetti». Percorsi attraverso il Settecento letterario, Roma, Edizioni di Storia e Letteratura, 2022, pp. 259-279, e Silvia Tammaro, Il celebre “triumvirato”. Luigi Malabaila di Canale, Metastasio e Hugo von Hagen tra letture, discussioni e opere d’arte, in La Vienna di Metastasio (1730-1782), a cura di Luca Beltrami, Francesco Cotticelli, Matteo Navone, Wien, Hollitzer, i.c.s., che aggiornano gli studi di Ada Piazza Ruata, Luigi Malabaila di Canale. Riflessi della cultura illuministica in un diplomatico piemontese, Torino, Deputazione Subalpina di Storia Patria, 1968; Ead., Canale, Luigi Girolamo Malabaila conte di, in DBI, XVII, 1974, pp. 694-697.

 

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