Al Conte Algarotti (Dresda)

Vienna 16 Luglio 1746

Amico dilettissimo

La carissima vostra del 23 dello scorso giugno mi trovò alle mani per la terza volta colla mia ostinata terzana. Io m’era proposto di lasciarla correre senza china#1; ma le accessioni#2 anticipavano di sette ore, ed il corso delle medesime si allungava di volta in volta; onde prima che si rendesse febbre continua, si è giudicato necessario di ricorrere al solito febrifugo. Col favor del medesimo sono già sette giorni privo dell’amabile febril compagnia: ma non senza fondate speranze di riacquistarla a tenore e delle antecedenti esperienze e delle disposizioni in cui mi sento.

      Spero che voi non m’imiterete, anzi che profligati#3 affatto la vostra terzana e l’umor tetro, siate in tresca nuovamente con le Muse. Quando vedrò io la vostra panegirica descrizione della vita campestre? Non è impresa per tutti il trovar novità in un soggetto non dimenticato da alcun poeta. Voi non l’avreste intrapreso senza essere sicuro di questa circostanza: gran motivo per me di curiosità#4. Felice voi che potete contar fra’ vostri difetti la soverchia ricchezza! Non vi costerà molto il correggervi: e da ciò che togliete ai forse troppo solidi vostri edifici, avrete materiali per nuove fabbriche.

      La degnissima nostra Signora Contessa d’Althann ha sommamente gradita la giustizia che rende la vostra ricordanza alla somma stima in cui ella vi tiene.

    Sarei volontieri più lungo, ma le scosse della mia febbre non mi hanno lasciato valido abbastanza per usar della mia testa come vorrei. Sospiro d’abbracciarvi presto e farvi leggere nella mia fronte la tenerezza, la stima e la costanza, con la quale io sarò eternamente

il vostro Pietro Metastasio

china: farmaco usato come febbrifugo.

Anziché accessioni (nel senso di ‘assalto improvviso di febbre’), Brunelli legge erroneamente occasioni.

profligati: sconfitti.

L’autore sembrerebbe alludere all’elogio della vita campestre e della «lieta riviera» del Garda contenuto nell’epistola Al Serenissimo Principe Pietro Grimani Doge di Venezia, composta presumibilmente tra il 1741 e il 1749 (cfr. Algarotti, Poesie, pp. 9-11 e 127).