Amico dilettissimo
Mi ha ben fuor di misura consolato la dolcissima vostra lettera del dì 28 [dello] scorso aprile da Potsdam, con le liete novelle ch’ella mi reca, ma non mi ha punto sorpreso. Il mio socratico demone mi avea già fatto pregustare tutto il dolce delle vostre allor future vicende, fin dal dì che vi piacque di comunicarmi l’idea e gli stimoli di quel viaggio, che differito poi per cagioni a me ignote, avete pur finalmente ridotto ad effetto. Non credo necessario d’allacciarvi qui la giornea per esagerarvi il mio contento#2: voi sottile investigatore del cuor degli uomini, e già da lungo tempo pacifico possessore del mio, ne conoscete ogni moto senza che io ve l’accenni. Dirovvi solo ch’io sono oltremodo superbo che gli antichi miei sentimenti a riguardo del merito vostro vengano ora solennemente approvati dalle pubbliche e magnifiche decisioni di giudice così grande e così illuminato, e che io numero fra i fortunati eventi della nostra felice Patria l’esser voi stato eletto a sostenere nel settentrione il decoro delle Muse italiane#3.
Né quando prima lessi l’ultima vostra lettera in versi, né quando poi replicatamente la considerai riconobbi l’espressione di Dante; e me ne so buon grado: poiché a dispetto di tutta la mia libertà di pensare, il peso di tanta autorità avrebbe per avventura potuto sedurre il mio giudizio. Or poiché non v’è più tempo di affettar modestia, protesto francamente che né Dante né Omero medesimo né tutta la poetica famiglia farà mai piacermi quella metafora «delle mani del Cielo e della Terra»#4. La metafora a creder mio dee condurre l’intelletto al positivo per la via di qualche viva e bella immagine: e la povera mia fantasia è miseramente confusa quando intraprende d’attribuir le mani al Cielo et alla Terra; et il mio intelletto suda a dedurre da una immagine così enorme il nudo senso dello scrittore: ma voi non siete nel caso però d’esser ripreso, non essendo voi né inventore, né imitatore di tale espressione come io nel principio ho falsamente creduto. Veggo che il vostro oggetto è stato unicamente il nominar l’opera del Dante come è piaciuto nominarla a lui. Or per mia sicurtà, s’io pensassi come voi pensate avrei almeno gran cura d’informare i lettori di non esser io il fabro di tale espressione e scrivendola con diverso carattere, et accennando in margine il luogo. Già sapete ch’io sono seccaggine, ma poiché voi m’amate anche tale non ho stimoli per correggermi.
La nostra degnissima Contessa d’Althann, quanto grata alla vostra gentil memoria, tanto memore de’ pregi vostri mi commette di congratularmi con esso voi a nome suo di questo incamminamento de’ suoi presagi. Il Conte di Canale vi darà conto con sue lettere del giusto pregio in cui tiene e voi e le cose vostre, continuate ad amarmi ch’io sono fin ch’io viva veracemente il vostro
Pietro Metastasio#5
scorso aprile] dello scorso aprile B del scorso aprile C
d’allacciarvi qui la giornea] di mettermi in ispesa corretto in interlinea B di mettermi in ispesa C
nostra felice Patria] nostra Patria felice C
delle Muse] delle nostre Muse C
prima lessi corregge la lezione originaria lessi la prima volta A
Conte di Canale] Conte Canale B, C