Al Signore Conte Algarotti a Venezia da Vienna Febbraio 1756
Una vostra lettera, un vostro libro, e le felici notizie del vostro presente stato, delle quali io era avidissimo, son benefici de’ quali rimarrò sempre debitore al nostro Signor Paona#2; a cui per isfogo di gratitudine ho offerto quanto io vaglio; augurandogli la difficile scoperta di trovarmi pur utile a qualche cosa. Ho letto il vostro saggio: vi ci ho trovato dentro, e l’ho tornato a leggere, per esser di nuovo con esso voi, da cui non vorrei mai separarmi#3. Io che mi risento più d’ogni altro degli abusi del nostro teatro di musica, più d’ogni altro vi son tenuto del coraggio col quale ne intraprendete la cura. Ma amico soavissimo la provincia è assai dura. Quelle parti dell’opera che non abbisognano che d’occhi, e d’orecchi negli spettatori per farne proseliti, raccorran sempre maggior numero di voti che le altre delle quali non può misurare il merito che l’intelligenza, et il raziocinio. Tutti vedono, tutti odono: ma non tutti intendono, e non tutti ragionano: è vero che quando le prime e le seconde parti «coniurant amice»#4 anche lo spettatore grossolano sente, senza intenderlo, un maggior piacere; ma è vero altresì che la difficoltà e la rarità di tale accordo obbliga (per così dire) i teatri da guadagno a fidarsi più di quelle arti delle quali son giudici tutti; e queste poi sciolte da’ ceppi d’ogni relazione, e convenienza, ostentano in piena libertà, senza cura di luogo, o di tempo tutte le loro meraviglie; e seducono il popolo col piacere che prestano, dal desiderio del maggiore di cui lo defraudano. Ma questa lettera diverrebbe facilmente una cicalata, per poco ch’io secondassi la mia propensione#5. Il Conte di Canale vi abbraccia, e vi ringrazia. La degnissima Contessa d’Althann fa già l’anno che ci abbandonò per sempre: e la mia ferita non è ancora in istato d’esser trattata senza esacerbazione#6. Conservatevi all’onore delle lettere et al vostro
Pietro Metastasio
Hor., Ars, 411: «Altera poscit opem res et coniurat amice».
In Vi1795, II, p. 229, il resto della lettera viene omesso.