Daniele Florio (Udine 10 marzo 1710 – Udine 25 aprile 1789). Discendente di famiglia nobile, proprietaria terriera, illustrata da magistrature e cariche. Dopo i primi studi nel Collegio dei Barnabiti di Udine, si formò a Padova, dove fece studi di diritto (come i fratelli Filippo e Francesco Luigi). Coltivò anche interessi letterari e scientifici, seguendo a Padova i corsi di medicina e chirurgia di Giovan Battista Morgagni, col quale entrò in rapporti di amicizia. Rientrato a Udine, partecipò alla vita sociale ed accademica. Fu iscritto all’Accademia Giulia, la colonia arcadica fondata il 24 luglio 1704 dal padre Sebastiano, all’Accademia degli Sventati, poi Accademia Udinese di Scienze Lettere e Arti, all’Accademia Ecclesiastica, istituzione fondata dall’ultimo patriarca di Aquileia e primo arcivescovo di Udine, Daniele Dolfin. Nell’inverno del 1734 accompagnò a Vienna il fratello Francesco, inviato a risolvere una controversia sul diritto di seggio e di suffragio dei vicari imperiali nel Concilio dei Canonici di Aquileia. Negli oltre due mesi passati nella capitale imperiale frequentò gli italiani che ruotavano attorno alla corte e conobbe Metastasio (ne diede notizia nella lettera al padre Sebastiano, in data 20 marzo 1734). La devozione per la casa d’Austria assorbì da quel momento gran parte della sua produzione letteraria, con versi celebrativi di tutti gli avvenimenti di rilievo per le sorti della dinastia asburgica. Ciò che gli meritò con la nomina a ciambellano da parte di Maria Teresa (1744), a cui seguirono frequenti viaggi a Vienna, fino alla morte del padre nel 1759, quando il Florio diradò le puntate nella capitale imperiale; fino ad abbandonarle definitivamente nel 1777, per dedicarsi all’amministrazione delle proprietà di famiglia, che fu tuttavia appannaggio soprattutto del fratello Francesco e del primogenito Sebastiano. Si trasferì per questo nella villa di famiglia di Persereano, facendone il ritrovo della più colta società friulana. Nella stessa villa, si noterà, nel 1726 era stato ospitato Goldoni, mandato dal padre a prendere lezioni di diritto a Udine. A Persereano Goldoni scrisse Il Quaresimale in epilogo, poi preso a modello dal Florio per il suo primo lavoro, Le prediche quaresimali (1731); e mantenne col suo ospite un rapporto duraturo (nell’Archivio di Stato di Udine [= ASU], nelle carte di famiglia, una lettera di Goldoni in data 29 aprile 1761, con cui inviava una raccolta di versi per una monacazione [Balbi] e il manifesto di una «novella edizione» delle sue opere [Pasquali] sperando nell’adesione e nella promozione di Florio).

Accanto agli avvenimenti legati alla vita pubblica e domestica degli Asburgo-Lorena, l’interesse di Florio fu rivolto alla celebrazione dei fasti udinesi, a cui si dedicò in componimenti per nozze, monacazioni, lauree e brindisi e declamazioni accademiche. Nel 1777 pubblicò due raccolte, Poesie varie e Rime Sacre e Morali, dedicate entrambe alla Santità di N. S. Papa Pio VI (Udine, Fratelli Gallici), contenenti una parte cospicua della sua opera poetica, perlopiù già edita in opuscoli. Coltivò anche la poesia didascalica e di divulgazione scientifica (Sopra l’orribile terremuoto di Messina, e di tutta la Calabria. Canzone, Bassano 1782), scrisse quaresimali (oltre alle Prediche quaresimali, si possono ricordare Le prediche quaresimali del molto reverendo padre Agostino da Lugano cappuccino definitore della provincia di Milano insigne predicatore nel duomo d’Udine l’anno M.DCC.XXXI: ristrette in sonetti dal co. Daniele Florio, Udine, Gianbatista Fongarino [1731]; e L’amor di Dio: ragionamento del reverendissimo signor abbate Domenico Aurelio Franceschi reggiano, ristretto in versi dal conte Daniele Florio udinese, Udine, Gianbatista Fongarino, 1755) e si provò (dietro lo stimolo di Metastasio) nei generi più impegnativi, il drammaturgico (Il Pastor buono per la Solennità del S. Natale. Azione sacra, Udine, Giambattista Fongarino, 1750) e l’epico, con il poema Tito, o sia Gerusalemme distrutta, ispirato alla narrazione di Flavio Giuseppe, di cui completò solo tre canti pubblicati postumi (i primi due, da Quirico Viviani, Venezia, Alvisopoli, 1819; e parte del quarto, La Celebrazione della Pasqua, episodio inedito del Tito, ossia della Gerusalemme distrutta, Udine, Mattiuzzi, 1823).

Fu in contatto con personalità di rilievo della cultura italiana del tempo, da Metastasio e Goldoni a Cesarotti, Carlo e Gasparo Gozzi, Eustachio Manfredi, il matematico e filosofo Pierre-Louis Moreau de Maupertuis, Giovanni Giacomo Marinoni, matematico cesareo, che fu il suo più assiduo referente a Vienna. I rapporti epistolari con Metastasio coprono un cinquantennio, dal 1735 al 1781, e sono caratterizzati dalle continue proposte di versi affidati al giudizio del poeta cesareo e alla cerchia delle sue influenti conoscenze. Alla morte di Metastasio l’editore Zatta fece richiesta delle lettere ricevute, ma Florio rispose che i domestici le avevano distrutte. Gli autografi metastasiani sono oggi conservati nell’Archivio Florio, depositato (la biblioteca) presso l’ateneo udinese e presso l’ASU. Nuove esplorazioni hanno consentito di rintracciare copie di missive del Florio al Metastasio, che - unitamente ai carteggi ‘paralleli’ con altri friulani alla corte imperiale - consentono di verificare che il loro rapporto fu molto più nutrito di quanto testimoniato dalle lettere conosciute.
 

Bibliografia

Francesco Florio, Elogio del conte Daniele Florio, Udine, Girolamo Murero, 1790.
Angelo Fabroni, Francisci et Danielis Floriorum fratrum vitae, Florentiae, Apud Cajetanum Cambiagi Typographum Regium, MDCCXCV.
Guido Perale, Daniele Florio poeta udinese del ’700, Udine, AGF, 1931.
Ranieri Mario Cossar, La cultura goriziana e l’accademia settecentesca dei Filomeleti, «Archeografo triestino», s. IV, 8-9, 1945, pp. 52-117.
Guido Fagioli Vercellone, Florio, Daniele, in DBI, 48, 1997, pp. 361-363.
Liliana Cargnelutti, La biblioteca di Daniele Florio in Udine, in Nel Friuli del Settecento: biblioteche, accademie e libri, a cura di Ugo Rozzo, II, Udine, AGF, 1996, pp. 9-21.
Fabiana di Brazzà, Su un manoscritto di Daniele Florio, «Lettere italiane», 58, 2006, pp. 259-261.
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