Illustrissimo Signor Signor Padrone Colendissimo#1
Ieri 25 maggio mi fu consegnata da un garbato, et erudito giovane modanese chiamato il sig. Gio. Benincasa#2 una al solito gentilissima lettera di vostra signoria illustrissima data di Modena il dì 2 d’aprile. Non le accuso con l’esattezza di questa cronologia la tardanza del Sacro Portatore, che avrà avuto le sue solite ragioni per differirmene il piacere, ma evito una taccia di rustica negligenza in risponderle, che potrebbe tirarmi addosso l’ignoranza del fatto istorico.
Le sono gratissimo, per la parte che a me ne tocca, della violenta attrazione che esercitano sopra il suo desiderio i gelidi Trioni#3, e duolmi di non essere io atto a rompere quei forti ostacoli che ne impediscono gli effetti. Per calmare intanto le fastidiose agitazioni che soffre per avventura l’animo suo nel violento stato in cui si trova,
rilegga la prego attentamente il filosofico apologhetto che il nostro divino messer Lodovico Ariosto ci ha lasciato in una delle sue Satire: dove rappresenta il dannoso inganno d’un popolo innocente, che supponendo di poter giungere a toccare la luna, ascese a costo d’intolerabile fatica fin su la cima d’un’altissima montagna, sopra di cui
parea dal basso ch’ella si appoggiasse: et ivi se ne trovò più lontano che mai#4. Lo rilegga, mio caro signor Rovatti, e gli creda.
La certezza del sincero affetto che l’ha prodotto, mi ha fatto soffrire l’attentato ch’ella ha commesso introducendo in Parnaso altri doni che di fronde e di fiori; si guardi per altro, in avvenire, da simili diaboliche tentazioni: e non offenda mai più quel candore d’amicizia e di stima con cui sono
Di Vostra Signoria Illustrissima
Vienna, 26 maggio 1766
Devotissimo Obbligatissimo Servitore
Pietro Metastasio