Fratello Carissimo

Vi rendo grazie della cura che vi prendete della lite del signor Bulgarelli#1: procurate di ridurla a buon fine et io ve ne sarò grato come di cosa propria, dimostrandovene qualche segno in effetto. Non potreste avvertirmi al mondo cosa più grata che questa per altro così dovuta vittoria. In quanto poi alle mie speranze, non dico che siano estinte ma si sono andate tanto allontanando che per non perderle di vista ho di bisogno del cannocchiale del Galileo. Con tutto ciò il grande argomento di consolarmi, è la medesima violenza con la quale la fortuna ci ha così d’improviso assaliti. Se seguita questo stile non possiamo sperar che bene, ella è incostante et il male è all’eccesso

               tutto si muta in breve,
               e il nostro stato è tale,
               che se mutar si deve,
               sempre sarà miglior#2

          È egli possibile che la nostra plebe istrutta et assuefatta per tanti secoli alla cristiana rassegnazione prorompa ora in questi sediziosi tumulti#3? Chi le ha mai ricordato che così facevano altre volte radunati sul monte Sacro, o su l’Aventino gli atavi de’ tritavi, de’ loro bisavi#4? Il Signore l’illumini. Sarà fuoco di paglia, ma oggetto di molta curiosità perché nessuno l’aspettava. Informatemi esattamente del modo come è finita. Al signor Peroni#5, al signor abate Fiorilli#6 e Staniz#7 mille saluti. Abbraccio il signor Domenico#8, e voi con lui. Addio 

Il Vostro Affezionatissimo Fratello Pietro Metastasio

 

Domenico Bulgarelli. M. si riferisce ancora una volta alla questione della lite legata all’eredità di Marianna Benti Bulgarelli, detta Romanina. Cfr. a Leopoldo, 15 ottobre 1735.

I versi sono tratti da un’aria affidata al personaggio di Creusa nel Demofoonte di M. (atto III, sc. VIII). L’opera venne rappresentata per la prima volta presso il teatro di corte di Vienna il 4 novembre del 1733 con musica di Antonio Caldara. I versi di Creusa rivelano la «tendenza metastasiana a superare il dramma almeno nel presentimento necessario del lieto fine»: cfr. Walter Binni, L’Arcadia e il Metastasio, Firenze, La Nuova Italia, 19682, p. 388. Li ritroviamo citati nella lettera ad Antonio Bernacchi, 21 gennaio 1753, dove M. torna sul tema della «natural instabilità delle cose umane» e del mutamento necessario che conduce sempre a uno stato o a una condizione migliore. 

M., come riporta anche Brunelli (p. 1199), si riferisce alle sommosse antispagnole della plebe romana, costretta a forza dagli agenti spagnoli ad arruolarsi contro gli Imperiali. I tumulti risalivano al 24 e al 25 marzo del 1736. Cfr. Franco Venturi, Settecento riformatore. Da Muratori a Beccaria, Torino, Einaudi, 1969, pp. 9-10.

M. fa riferimento a due noti episodi della secessio plebis: quello della secessione sul Monte Sacro, a cui è legato il celebre apologo di Menenio Agrippa, e quello della secessione sull’Aventino, a seguito dei tumulti scatenati dalla condotta di Appio Claudio nei confronti della giovane Virginia, poi uccisa dal padre Virginio, pronto a sacrificare la figlia pur di non cederla al decemviro. Come noto, quest’ultimo argomento era stato scelto da Gravina, fra altri, per la sua tragedia Appio Claudio (1712).

Giuseppe Peroni, tra i principali corrispondenti romani di M., divenne procuratore degli interessi di quest’ultimo dopo la morte di Marianna Benti Bulgarelli. Cfr. la scheda biografica a lui dedicata.

Dionigi (o Dionisio) Fiorilli, pastore arcade, è autore di un Componimento Drammatico da cantarsi nel Giorno del glorioso nome della Sacra Cesarea Cattolica Real Maestà dell’Imperatrice Regnante Elisabetta Cristina […], In Roma nella stamperia del Komarek, 1731. La musica è di Giovanni Costanzi. Cfr.  Brunelli, p. 1199; ivi, p. 1195.

Antonio Maria Stanizzi (o Stanitz), corrispondente di M.: cfr. le lettere ad Antonio Maria Stanizzi, del 9 novembre 1748 e del 29 ottobre 1764.

Domenico Bulgarelli.