Fratello Carissimo

Bench’io entri necessariamente a parte del vostro turbamento, e della vostra oppressione d’animo, nella quale vi conosco immerso nell’ultima vostra lettera; non posso dissimulare, che me ne raddolcisce la compassione la speranza, che uscito da questa tempesta diverrete miglior piloto di quello, che non siete stato per lo passato. Io mi sono spiegato abbastanza nelle mie precedenti che vi credo innocente, ma non eccessivamente prudente, e come le massime hanno minor efficacia a persuadere, che l’esperienza, parmi ben fondata la mia speranza#1. Del resto dipenderà da voi il ritrovarmi sempre lo stesso, siccome mille volte mi sono professato: ma vorrei cominciare a veder qualche frutto utile a voi della mia fraterna benevolenza. E vi avrei perdonato volontieri la poca costanza alle applicazioni lucrose, se il mondo avesse qualche vostra lodevole produzzione che ve ne scusasse; compensandovi con usura di lode le mancanze de comodi. Ma caro fratello il vedervi all’età che siete egualmente digiuno, e di questi, e di quella; anzi obbligato a scrivere apologie, non posso negare che mi contrista, e m’irrita. Ma il fatto, è fatto. Io non voglio rammentarmi il passato, se non quanto possa servirvi di stimolo per l’avvenire. Eccomi l’istesso in assistervi, siate voi tutt’altro in corrispondermi. Prendete un sistema costante, e sia qual più vi piace#2. Fate miglior uso de’ felici talenti, e delle erudite notizie delle quali siete proveduto e credete costantemente che così face>ndo< troverete in me un fratello, ma un >ami<co il più tenero, che possiate  mai desiderarvi.
          Nelle sanguinose dissensioni fra voi, et il Bulgarelli#3 io ho dovuto forti>f<icarmi contro la natural passione dalla quale mi sentivo troppo inclinato a pronunciar per voi. Sarò forse stato ingiusto per soverchio timore di divenirlo. 
          Se mai vi avessi fatto torto (che in questo caso di tutto il mio core lo desidero) ve ne dimando scusa, e procurerò di ristorarvene. Del resto amatevi, quanto io vi amo che saremo contenti l’uno dell’altro. Addio.

P.S. V’accludo la fede della mia sopravvivenza: tenetela e quando ve ne sia bisogno per esiggere i vacabili#4, dai <?>#5 del signor Peroni#6

Il Vostro Affezionatissimo Fratello Pietro Metastasio

Torna il tono sentenzioso di M. nei confronti di Leopoldo in merito alla condotta e allo stato d’animo del fratello nelle controversie insorte con Domenico Bulgarelli a causa delle seconde nozze di quest’ultimo, avvenute nel 1736 (cfr. a Leopoldo, 9 dicembre 1736). Leopoldo, proprio per questa lite, sarà costretto a lasciare casa Bulgarelli. Nello stesso giorno M. scrive a Giuseppe Peroni: «I guai di mio Fratello non lasciano di turbarmi. Lo credo afflitto, e non mi dispiace, sperando, che queste scosse lo risveglino da una certa sonnolenza, che cominciava a divenir letargo» (cfr. a Giuseppe Peroni, 5 gennaio 1737). Per Giuseppe Peroni, vd. scheda biografica a lui dedicata.  

Cfr. a Leopoldo, 2 febbraio 1737: «ma voi sapete che nella costanza consiste l’esito d’ogni impresa».

Cfr. supra nota 1.

Si tratta di uffici, benefici e dignità vacanti, concessi a vita a una determinata persona. Evidentemente M. aveva bisogno di esigere questi benefici tramite Leopoldo. Del resto lo stesso argomento è ripreso, a distanza di alcuni anni, in diverse altre lettere (cfr. a Leopoldo, 10 gennaio 1750). Della necessità della vendita dei vacabili M. parla anche in una lettera al padre: cfr. a Felice Trapassi, 4 gennaio 1751.

La parte è illeggibile a causa della rilegatura del codice.

Giuseppe Peroni, vd. scheda biografica a lui dedicata.