Vienna 21. marzo 768.

Amico Carissimo

L’amicizia, e la gioventù, che esigono da me, e riconoscenza, et invidia, sono meriti anziché scuse, mio caro signor Rovatti, delle vostre escandescenze: ma, dopo essermi compiaciuto dell’amorosa sorgente da cui derivano, non deggio nascondervi ch’io vi desidero più incallito#1 a cotesti fenomeni, che tanto mettono in fermentazione la vostra bile. Come si può pretendere, senza temerità, a’ privilegi non goduti da Omero, da Virgilio, da Orazio e da Torquato? La disgrazia fatale delle opere d’ingegno non è la maldicenza, ma la dimenticanza. Pur troppo gli uomini, per lo più, sono animali malefici#2, né v’è artefice che possa giungere a tal perfezione che tolga loro tutte le occasioni di esercitare, anche con ragione, il lor malvagio talento. L’esperimentata prudenza fa servir di farmaco salubre cotesto veleno, o somministrandoci in esso occasioni di correggerci, o di mettere in uso la meritoria moderazione di saper compatir negl’individui i difetti di tutta l’umanità. La vostra Musa irritata dall’amicizia vi ha dettata una lettera piena di scintille poetiche; delle quali mi congratulo con voi: ma non so come potrete castigarla a segno che non vi rimangano le tracce del vostro esaltato irascibile. Vedrò con piacere a suo tempo il poema delle fontane e ve ne dirò il parer mio con quella sincerità che tanto vi è cara. Addio, non posso esser più lungo perché il mio capo protesta contro la prolissità delle lettere#3. Continuate ad amarmi e credetemi

Il Vostro Devotissimo Obbligatissimo Servitore
Pietro Metastasio

Nel senso di ‘assuefatto’, ‘abituato’.

A Carlo Broschi, 12 dicembre 1763: «L’impertinenza de’ vostri cancherini, che (secondo il tenore dell’ultima del 29 novembre) vi hanno obbligato a trincierarvi in letto mi ha messo in collera. Vi sono tanti animali malefici sopra i quali potrebbero divertirsi con profitto dell’umanità: perché tormentare i galantuomini nati per diletto e per soccorso de’ loro simili?» (Lettere, IV, p. 330).

M. esprime sempre più spesso la crescente insofferenza verso la quantità di lettere – e la loro lunghezza, nel caso di Rovatti – ricevute in questi mesi. A gennaio aveva scritto al fratello, anche in questo caso giustificando una certa laconicità: «Ho una risma di lettere che esigono risposte, tutte inutili e tutte inevitabili» (Lettere, IV, p. 592). Le due lettere di Rovatti che seguono, senza una risposta tra le due missive da parte di M., saranno le più lunghe di tutto il carteggio eccezion fatta per la Lettera seconda.

Amico Carissimo ] Illustrissimo Signor Giuseppe Rovatti (Modena) B