Vienna 24 Xbre 770
Amico Carissimo
Mi ha sommamente consolato amatissimo signor Rovatti l’obbligantissimo vostro foglio dato il dì 12 del corrente, come caro argomento e della vostra memore amicizia che ambisco, e del prospero stato della vostra salute, che al pari della propria desidero: et intorno alla quale io sarei più tranquillo, se voi, ponendo qualche limite al vostro studioso fervore, sapeste un poco meno abusarne#1. Unico, benché invidiabile, difetto che può ritrovarsi nell’estensione de’ vostri talenti, e nella irreprensibile regolarità dell’illibato vostro carattere.
I libri da voi inviati#2 non sono a me pervenuti. Disgrazia così frequente, che la continua necessità di soffrirla ormai mi accostuma a non risentirmene. Oltre il disordine che regna in ogni specie di trasporto che di costà a questa volta si faccia, i pagamenti che per essi qui esigono le poste, le diligenze, e le dogane, già antecedentemente gravissimi#3, aumentando di giorno in giorno, sono già divenuti insoffribili, e particolarmente ai circoscritti erari poetici. Io ne sono un lagrimevole esempio, poiché poche settimane trascorrono ch’io non sia obbligato a riscuotere da queste poste, a peso di lettere, gravissimi volumi di carte per lo più poetiche, e manoscritte e stampate: e a profondere così miseramente i ducati, non che i fiorini, de’ quali non si fa raccolta in Parnaso. Per difendermi dall’indiscreta inesperienza de’ donatori io avrei presa la risoluzione di non esigere dalla posta cotesti pieghi voluminosi, ma non è pratticabile: perché, rimanendo essi inesatti per qualche settimana nell’ufficio delle poste son mandati in casa di quelli a quali sono diretti, e fin tanto che non sian presi e pagati, non si dà loro alcun’altra lettera: onde convien caricarsi delle inutili e dannose per non perder quelle che non possono trascurarsi. Questo non è avviso per voi, mio caro signor Rovatti: anzi è rendimento di grazia per l’attenta cura che avete sempre avuta di certi mezzi di non aggravarmi; ma è bensì uno sfogo della mia impotente indignazione che cerca un sollievo nel vostro compatimento. E non ne chiedo meno per la rarità e brevità delle mie lettere, effetti della ormai stanca e troppo oltre le sue forze occupata età mia. Addio mio caro signor Rovatti: non vi stancate voi di riamarmi e credetemi costantemente
Il Vostro
Pietro Metastasio