Vienna, 5 dicembre 1771

Vienna 5 Xbre 771.

Amico Carissimo

Quanto mi ha consolato mio caro signor Rovatti la vostra diffusa lettera del 14 dello scorso novembre con le sospirate novelle della vostra atletica salute, della quale io ho sempre e con molta ragione dubitato; altrettanto mi ha afflitto l’enorme moltiplicità delle idee che veggo affollarsi nella vostra mente, a segno che si rendono incapaci di ordine e di sistema. La vostra esemplare e portentosa costanza nelle applicazioni letterarie, è un tesoro, purché non se ne abusi e non si soffochi con l’uso inconsiderato che altri ne faccia: convien determinarsi ad un lavoro e ridurre quello a perfezione, e passar poi a nuove imprese. Ma le piante troppo folte si usurpano il nutrimento a vicenda, e periscono senza frutto. Io mi ricordo d’aver detto#1 (né so più dove): Et ogni pianta feconda oltre misura quanto produce più o meno matura. Altri hanno bisogno di raccogliere idee e fecondarne la propria mente: voi all’incontro veggo che avete bisogno di correggere l’eccessiva fecondità della vostra facendo scelta delle più degne d’esser nutrite, et a proporzione delle forze fisiche andarle diligentemente perfezionando. Qual uomo vivendo gli anni di Matusalem sarebbe capace di compire le opere da voi intraprese, e disegnate? Credetemi caro amico: il vostro studio più necessario è quello di calmare la straordinaria fermentazione che si fa nella vostra mente: cotesto tumulto di spiriti non solo v’impedirà di poter rendere castigata, e compiuta alcuna opera vostra, ma la confusione delle immagini si comunicherà anche alle cose non letterarie, e produrrà una dannosa varietà et incostanza nella scelta delle vostre direzioni, et azioni a riguardo della vita civile: et ora v’innamorerà la milizia, ora vi alletterà l’agricoltura, ora l’ecclesiastico, ora lo stato coniugale e sempre a voi stesso contrario e da voi stesso discorde, renderete infelici tutti i giorni della vostra vita. Lo studio che avete intrapreso della storia degli insetti mi par quello che più d’ogni altro vi convenga. In primo luogo vi piace, in secondo luogo siete provveduto di quella abbondante dose di curiosità e di pazienza che bisogna per riuscirvi, e si confà a meraviglia col vostro genio solitario: ma in questo studio medesimo non vi caricate tutto in un tratto di tutti gl’infiniti rami che lo compongono: riunite le facoltà del vostro ingegno ad ordinarne e dilucidarne una parte, compiacetevi nella perfezione di quella, e passate poi a far lo stesso in un’altra. Perdonate caro amico la sincerità dell’amor mio, che non può soffrir con indifferenza l’abuso che voi fate delle vostre invidiabili, et ammirabili facoltà. Un uomo del vostro ingegno, del vostro sapere, e degli illibati vostri candidi costumi non merita che si faccia di lui quello strazio che voi fate di voi medesimo, perdendo i più bei frutti che una discreta coltura potrebbe ritrarre da così felice terreno. Addio amatissimo signor Rovatti: io vi sono gratissimo della vostra confidente amicizia: e siate pur certo che non ne abuserò; siate voi indulgente alla mia franchezza, non vi stancate di riamarmi e credetemi 

Il Vostro Costantissimo
Pietro Metastasio

Amico Carissimo ] Al Signor Giuseppe Rovatti / Da Vienna a Modena 5 di dicembre 1771 B

Brunelli considera un lapsus calami metastasiano questo «detto» al posto di un più probabile «letto». Va però segnalato che non c’è correzione sul copialettere B, sempre sorvegliato dal poeta, e che M. utilizza una formula simile in una lettera del 15 dicembre 1755 a Luigi Bandini a proposito del suo Silla: «Il dramma sarebbe sicuro per mio avviso dell’approvazione del pubblico, s’ella l’avesse meno procurata con la moltiplicità degli avvenimenti, i quali per l’angustia del tempo si rubano l’un l’altro, come i frutti d’una pianta troppo feconda, il necessario nutrimento. Quindi nessuno perfettamente matura, e lo spettatore non ha tempo di disporsi a ricevere l’impressione che gli si destina» (Lettere, III, p. 1079).