Vienna, 16 marzo 1772
Vienna 16. marzo 772
Amico Carissimo
La vostra lettera del 13 dello scorso febbraio mi trovò alle mani con un doloroso assalto reumatico#1, che qui quest’anno è alla moda che mi ha obbligato per varie settimane a non uscir di casa, e che tuttavia benché me lo permetta, non vuole abbandonarmi ancora affatto, e va diloggiando più lentamente che può dal mio fianco destro, dove si era più vigorosamente trincerato. Benché mi costi qualche incomodo lo scrivere non voglio lasciarvi però più lungamente senza risposta. Vi dirò dunque mio caro signor Rovatti che la lettura della vostra lettera in versi mi ha cagionati due sentimenti opposti di compiacenza, e di dolore. Di compiacenza perché vi ho trovato una ricchezza d’espressioni, di pensieri e di fantasie poetiche che mi fanno vedere l’estensione de’ vostri talenti e della vostra dottrina: ma di dolore perché non avendo incontrata né pure un’idea che non sia nera, tragica, ed all’estremo punto funesta#2, son pur troppo convinto dell’eccesso del vostro sommamente ipocondrico temperamento, che se non vi armate eroicamente a correggerlo vi renderà lagrimevolmente infelice. Ah mio caro signor Rovatti pensateci seriamente. Se non si può sveller dalle radici, si può (credetemi) moderare. Io vi parlo per esperienza. A dispetto della repugnanza che certamente vi sentirete a farlo, gettatevi nel commercio degli uomini: agitate ma senza eccessi la macchina: occupatevi in distrazioni ridenti: fuggite gli altri ipocondriaci, et ogni specie di medicina, e mettete a profitto ogni picciolo guadagno che andrete certamente facendo. Addio caro amico io non posso dilungarmi, onde mi restringo a confermarmi col più sincero dell’animo
Il Vostro Costantissimo
Pietro Metastasio