Illustrissimo Signore Signore Padrone Colendissimo
La gentilissima vostra lettera del 19 del caduto#1 mi ha colto mio caro signor Rovatti alle mani colle mie per altro abituali affezioni ipocondriache, che di tratto in tratto, particolarmente in questa stagione, imperversano più del consueto, et impiegano tutti i capitali della filosofica toleranza. Ma pure a loro dispetto non voglio lasciarvi senza risposta. Vi dirò dunque che non mi sodisfa punto quel vostro un poco meglio intorno alla salute. Cotesto un poco meglio è molto poco per intraprendere quegli studi, a’ quali il vostro genio violentemente vi chiama: e da’ quali vi sarà più facile per alcun tempo di astenervi del tutto che trattarli con moderata applicazione: siccome più facile è l’evitar le occasioni, che combatterle e superarle. Quando poi una savia regola di vita, un lungo riposo, e qualche innocente medicamento come l’uso del latte, o l’assistenza di qualche aria benefica vi abbiano resi gl’interrotti vantaggi della gioventù, allora pretenderò da voi qualche fisico poemetto che istruisca e diletti, avendo osservato, da quello che vi piacque comunicarmi, che a questo, più che ad ogn’altro genere di poesia è portato il vostro talento. Tutta la Natura vi fornirà di soggetti ameni, meravigliosi, e sublimi. Gli astri, le meteore, la terra, il mare saranno i tesori inesausti delle vostre Muse: alle quali potrete abbandonarvi senza rimorso, avendovi liberato la Providenza dalla lagrimevole necessità di mendicare i favori della fortuna per le inamabili, disastrose, et intricate strade bagnate dagli oscuri sudori degli affannati seguaci di Giustiniano o d’Ippocrate#2. Direi molto di più se la mia testa non protestasse: onde finisco protestandomi anch’io
Di Vostra Signoria Illustrissima
Devotissimo Obbligatissimo Servitore
Pietro Metastasio
15. giugno 1772