Vienna 6. luglio 772
Amico Carissimo
Non vi fate meraviglia mio caro signor Rovatti della irregolarità, e qualche volta della dispersione degli involti che d’Italia a queste contrade, o quindi costà si mandano: il viaggio è lungo et incommodo, e chi s’incarica di tali trasporti ha più cura ordinariamente della merce propria che dell’altrui. Io a forza d’esperienza son divenuto paziente su questo punto: et il non divenirlo non giova a render la nostra condizione migliore. Non mi è fin’ora capitato l’involto de’ libri che accennate avermi inviato, ma ho qualche speranza che non sia perduto. Il signor capitano Marchisio#1, prima di andare in villa dove si trova, mi disse che in questa dogana doveano esservi libri da consegnarmi, e che stavano sotto la revisione. Ritornando egli in città si faranno le debite diligenze, e se saran quelli che da voi mi vengono ve ne renderò conto a suo tempo.
Vorrei sentir meno ostinate le persecuzioni delle vostre ipocondrie: ma secondo le vostre espressioni esse imperversano crudelmente più che mai. Io non sono esente da cotesto flagello, onde vi compatisco con cognizione di causa. Mio caro signor Rovatti, so pur troppo che non è facile il debellarle; ma pure se non si vuol rimanere oppresso convien sempre combattere et andar sempre con varie distrazioni rompendo quelle fila insidiose con le quali ci van tessendo intorno una prigione inestrigabile come i ragni alle mosche. Le armi di queste nostre nemiche non son che sogni, ombre, visioni ed apparenze#2, ma se non si ha cura di disprezzarle come esse meritano, fanno a lungo tratto ferite reali et incurabili. Prevenitele caro amico: e fate uso delle tante vostre cognizioni a vostro proprio vantaggio, sicuro che non potrete far cosa più desiderata e più cara al vostro costantissimo
Pietro Metastasio