Vienna 25. 9bre 773.

Amico Dilettissimo

L’obbligante vostra lettera del 3 del corrente, che ha consumato nel viaggio maggior tempo del consueto (forse per le strade analoghe alla stagione) mi ha sommamente consolato, così perché mi serve di prova dell’affettuosa vostra memoria, come perché non trovo in essa motivi di fastidiose dubbiezze intorno alla vostra salute: di cui il vostro silenzio intorno ad essa, e le indefesse applicazioni che vi permette e m’informano e mi assicurano. I progressi meravigliosi che voi andate facendo nelle regioni nelle quali avete saggiamente destinato d’impiegare le vostre filosofiche ricerche sorpassano la mia espettazione, ch’era ben grande: e me ne congratulo con esso voi, non meno che con tutti i curiosi investigatori delle arcane operazioni della natura, nelle quali la vostra dotta, diligente, e perspicace cura servirà loro di scorta. È degnissimo di cotesto illuminato principe il prudente pensiero di onorarvi d’una graduazione che vi obblighi all’impiego di cotesta vostra mirabile abilità ed inclinazione: ed è giustissima la condizione che voi esigete per accettarla, poiché voi siete generoso abbastanza quando sagrificate gratuitamente la letteraria opera vostra al genio del sovrano: né crederò mai ch’egli sia per soffrire che la vostra ubbidienza abbia a riuscirvi dispendiosa. Mi compiaccio moltissimo che vi siate compiaciuto nella lettura del libro distruttore delle assurde asserzioni degli empi moderni filosofanti: che abbattono alla cieca i più sacri edifici senza saperne innalzar de’ nuovi: che onorano la materia insensibile, non solo della qualità di pensante; ma della graduazione divina: e che si vantano di fabbricar la felicità degli uomini degradandoli alla condizione de’ bruti#1. Basta così: non perdete più tempo caro amico intorno a’ deliri di costoro: non vi lasciate imbarazzare il capo fra questi sogni d’infermi, ma continuate ad occuparvi nelle vostre fisiche inchieste, che vi producono cognizioni certe e reali. Addio amatissimo signor Rovatti. Mi tratterrei più lungamente con esso voi, ma i nervi della mia testa protestano contro ogni picciola fissazione. Ma se non mi lasciano il piacere di scrivervi lungamente non mi defrauderanno mai di quello di amarvi teneramente, di stimarvi quanto meritate, e d’essere invariabilmente

Il Vostro
Pietro Metastasio

Il riferimento è all’Ethica di Spinoza, dove trova spazio la sua dottrina panteistica del Deus sive Natura, identificazione immanentistica di Dio nella Natura. Sul dibattito tra ‘vecchio’ e ‘nuovo’ spinozismo a metà del secolo, si veda Matteo Marcheschi, Spinoza e la materia. Totalità, organismo e libertà nello spinosisme di metà Settecento, in La fortuna di Spinoza in età moderna e contemporanea, vol. I. Tra Seicento e Settecento, a cura di Carlo Altini, Pisa, Edizioni della Normale, 2020, pp. 167-188. Si ricordi che da Gregorio Caloprese, a detta dello stesso M. (a Giuseppe Aurelio Morano, 1772), il futuro poeta cesareo aveva sentito «i principii d’una confutazione di Spinosa» (Lettere, V, p. 167).