Vienna 15. maggio 775.
Amico Carissimo
Mi è stata sommamente grata dilettissimo mio signor Rovatti l’ultima vostra affettuosa lettera del 15 dello scorso aprile per le solide prove che mi reca della prospera vostra salute e per le nuove indubitate testimonianze della continuazione dell’amor vostro, e per le preziose merci letterarie delle quali mi giunge accompagnata. Ho lette le vostre filosofiche osservazioni su i lumaconi mignatte ed ho ammirata la destrezza, e la tolleranza con la quale vi siete addestrato ad investigar la natura ne’ più reconditi suoi nascondigli: et a scoprirla a chi legge con una felice, e propria elocuzione che trattiene, erudisce, et alletta. E mi son confermato nell’antica mia opinione che in questo genere di studi il vostro temperamento vi promette luogo molto eminente fra tutti quelli che lo professano. Ho scorsa la raccolta de’ Pensieri: ne ho trovati tra quelli alcuni che son frutto di lunga meditazione, e scoprono con una succinta sentenza un vastissimo paese: e tutti egualmente ostentano il buon senso e la sana morale di chi gli ha scritti: onde approvo la cura di andarne facendo tesoro. Sull’erudito poi carnevalesco delirio il mio parere è opposto per diametro al vostro: voi desiderate che nessun lo vegga, e che dopo letto io lo consegni al marito di Venere#1; ed io lo credo all’incontro degnissimo d’esser conservato, onorevole a chi l’ha prodotto, et utilissimo a chi intenderà leggendolo il solidissimo insegnamento che in questo scherzo è racchiuso. Il delirio in primo luogo diverte: non può delirar in questa guisa chi non ha il portentoso magazzino delle pellegrine cognizioni che voi in esso ostentate. E quello che più importa si dimostra in esso a qual segno possa diventar ridicola la dottrina mal provveduta di buon giudizio. Difetto a cui sono esposti la maggior parte degli eruditissimi critici del nostro e de’ passati secoli, che, ricchissimi di memoria e poveri di raziocinio, superlativamente decidono, e confondono, e seducono chi alle loro sentenze si fida.
In somma io son contentissimo de’ vostri visibili progressi e ne prevedo maggiori. Addio caro signor Rovatti, siate certissimo che io vi amo e vi stimo quanto voi meritate, che vuol dire infinitamente e che sono e sarò sempre
Il Vostro
Pietro Metastasio