Vienna, 26 febbraio 1735

Illustrissimo Signore Signore e Padrone Colendissimo

Non si meravigli vostra signoria illustrissima ch’io sia così tardo in risponderle#1: oltre le solite occupazioni del mio impiego, mi si è aggiunto nello scorso carnevale l’impegno di scrivere una festa, che hanno rappresentata in musica le serenissime arciduchesse#2. Io sono stato scelto al grande onore d’instruirle ed assisterle nella rappresentazione. Onde può immaginarsi, senza ch’io l’esageri, se mi sia mancato il tempo per ogni altra cosa. Subito che mi è stato permesso di respirare, ho letti e riletti con piacere ed ammirazione i due suoi poemetti#3, e gli ho ritrovati corrispondenti al presagio ch’io feci de’ voli del suo talento sin da quando ella me ne fece godere i saggi in Vienna#4. La felicità dello stile, l’abbondanza delle immagini, la fertilità delle invenzioni et il giudizio col quale sono impiegate queste facoltà, mi confermano sempre più nella sentenza che abbia già vostra signoria illustrissima tutto il materiale opportuno ad arricchir la nostra lingua d’un nuovo illustre Poeta#5. Le rendo le dovute grazie per l’obbligante cura dimostrata nel comunicarmi queste sue leggiadre fatiche, e priegandola ad esprimere a codesta signora contessa Arcoluniani#6 insieme co’ miei ossequii, i più vivi sentimenti della mia rispettosa riconoscenza per la generosa parzialità che mostra per i miei scritti, così a vostra signoria illustrissima che al veneratissimo signor suo fratello#7 bacio devotamente le mani

Vienna 26 febbraio 1735

Di Vostra Signoria Illustrissima Obbligatissimo Divotissimo Servitore
Pietro Metastasio

Il dialogo epistolare si era dunque già avviato in precedenza, anche se questa è la prima delle lettere conservate.

La festa teatrale Le Cinesi, su musica di Antonio Caldara, fu commissionata dall’imperatrice Elisabetta Cristina di Brunswick-Wolfenbüttel per il carnevale, come introduzione a un ballo cinese. Le arciduchesse Maria Teresa e Maria Anna e una dama di corte interpretarono i tre ruoli, quelli di Lisinga, Sivene e Tangia (cfr. a Giuseppe Peroni, 26 febbraio 1735; a Leopoldo Trapassi, 15 ottobre 1735). Si veda Raffaele Mellace, Metateatro come autorappresentazione. Le Cinesi tra Metastasio e Gluck, in Il teatro allo specchio. Il metateatro tra melodramma e prosa, a cura di Francesco Cotticelli, Paologiovanni Maione, Napoli, Turchini, 2012, pp. 203-218.

Il poemetto in due canti in ottave Udine afflitta e consolata. All’Illustrissimo e Reverendissimo Monsignor Daniello Delfino, Patriarca d’Aquileia, Stanze del Conte Daniello Florio, Udine, Giambattista Fongarino, 1734. I contatti epistolari tra M. e Daniele Florio si erano avviati dopo la loro conoscenza, avvenuta in prossimità del 20 marzo 1734, che è la data della lettera con cui Daniele diede la notizia al padre Sebastiano: «Mi si è data occasione di conoscere l’Abbate Metastasio, primo Poeta di Sua Maestà già noto a tutta Italia, e a cui per consentimento universale de’ Letterati si deve la gloria di aver ridotto il componimento drammatico alla sua ultima perfezione. Egli di sua spontanea cortesia m’è venuto a ritrovarmi, a cui ieri io resi la visita; e da l’una e l’altra volta siamo trattenuti insieme più d’un’ora avendo egli il piacere di recitarmi, io d’ascoltare belissimi squarci d’un dramma da lui nuovamente composto e non ancor dato alla luce [Betulia liberata, rappresentata nell’aprile 1734 a Vienna nella cappella imperiale»; edita a Venezia nel 1758, dove fu rappresentata, stando al libretto, con la «Musica del Signor Niccolò Jommelli Maestro di Cappella Napolitano»].

Cfr. nella lettera sopracitata di Daniele al padre Sebastiano: «Ancor io mi sono dato il coraggio di farli sentire alcuni de’ miei lirici componimenti, e tra li altri la mia diletta canzone fatta in lode delle Dame del Friuli, e due sonetti, uno in lode dell’Imperatore, l’altro de l’Imperatrice, i quali siccome in molte nobili conversazioni di Vienna hanno incontrato un cortese compatimento, così ancora sono stati riguardati da questo sì insigne Poeta con quella condiscendente benignità, con cui gli uomini grandi animano il buon desiderio de’ giovani principianti».

Il giudizio positivo di M. sulle produzioni del Florio rimarrà una costante del loro rapporto.

Giulia Arcoluniani (1734-1803), nipote del Florio, autrice di sonetti ed epigrammi e di due poemetti, Visitazione e Trionfo del divino amore, composti nel 1762, prima della monacazione. Per l’occasione, Florio compose 3 sonetti (poi raccolti dall’autore in Poesie varie, Parte seconda, Udine, Fratelli Gallici, 1777, pp. 134-136: «Alla signora Contessa Giulia Arcoluniani, nipote dell’Autore, in occasione ch’Ella prende l’Abito Religioso nell’illustre Collegio delle Dimesse»).

Il conte Francesco Florio (1705-1792), canonico di Aquileia, primicerio della cattedrale di Udine, vicario generale dell’arcidiocesi di Udine. M. l’aveva conosciuto nei due mesi (febbraio-marzo) in cui era stato a Vienna, inviato dopo il Capitolo generale di Udine del 1734 per discutere del ruolo dei vicari imperiali nel consiglio dei canonici di Aquileia. Fu autore di opere di storia e di agiografia e corrispondente, tra gli altri, del Muratori e di Apostolo Zeno.