Vienna, 25 gennaio 1744

Illustrissimo Signore Signore e Padrone Colendissimo

Una prova così obbligante della generosa e parzial memoria che vostra signoria illustrissima di me conserva, quale è appunto il suo pregiatissimo foglio del dì 4 del corrente anno#1, avrebbe bastato per farmi dolcemente insuperbire. Or consideri vostra signoria illustrissima quanto più violenta et efficace divenga la tentazione per mezzo de’ due bellissimi canti co’ quali ha ella celebrate le nozze di questi serenissimi principi#2. Tali ammirabili frutti del suo felice talento, oltre il piacere che han dritto di produrre in ciascuno tutte le eccellenti opere d’ingegno, solleticano per privata ragione la mia vanità, nel dimostrare avverate le sublimi speranze che concepii già molti anni sono di lei; e delle quali sono sempre stato con ciascheduno tenacissimo mallevadore. Onde non mi congratulo meno con me medesimo che con vostra signoria illustrissima della pubblica giustizia che qui le vien resa: da pochi per conoscenza, e dal resto per autorità. Oh qual sensibil contento avrebbe avuto il povero nostro onoratissimo Bertoli#3, se avesse potute ascoltar le lodi che nuovamente ha meritate un amico ch’egli tanto rispettava et amava! Ma non entriamo in una materia così funesta. La piaga è troppo recente, né soffre ancora d’esser trattata.
          Gli eccessi alli quali vostra signoria illustrissima trascorre nel dar giudizio del mio limitatissimo merito, confesso che mi sono carissimi: non già come argomenti onde autorizzar la mia vanità ad attribuirsi ciò che non le conviene, ma come prove bensì della sua pregiatissima amicizia, che non può esser mediocre giungendo ad allucinare un suo pari.
          Conservi nella sua stimatissima persona un così bell’ornamento dell’italiana poesia; mi onori de’ suoi venerati comandi, e mi creda col più sincero rispetto

Vienna 25 del 1744

Di Vostra Signoria Illustrissima
Divotissimo Obbligatissimo Servitore Vero
Pietro Metastasio

 

La lettera di Florio è perduta.

Si tratta del poemetto per le nozze dell’arciduchessa Marianna e Carlo di Lorena, che Florio aveva fatto giungere a M. tramite Giovanni Giacomo Marinoni (cfr. Udine Archivio di Stato, Archivio Florio, II 194.1, Marinoni a Florio, 4 gennaio 1744: «Ho letto con sommo piacere il primo Canto del vaghissimo ed eccellente Poema. Ho cercato di farlo subito leggere Al Signor Abbate Metastasio, ma non s’è trovato in casa, e dimani lo vederò»), poi stampato: Per le Nozze della Serenissima Arciduchessa Marianna d’Austria, Infante di Spagna, Principessa Reale d’Ungaria etc. e di Sua Altezza Serenissima il Principe Carlo di Lorena e di Bari; Canti due, Vienna, Kaliwoda, 1744; La concordia sicura. Per le nozze dell’arciduchessa Marianna d’Austria e di S. A. il principe Carlo di Lorena Canti due di Daniele Florio udinese, Venezia, Simone Occhi, 1744. Sulla stampa viennese cfr. lett. di Marinoni a Florio, 11 gennaio 1744 (Udine, Archivio di Stato, Archivio Florio, II, 194.1): «Domenica mattina fui a visitar il Signor Abbate Metastasio, che trovai occupatissimo per la prova dell’opera, ch’è l’Ipermestra. Appena poté legger il principio del poema di Vostra Signoria Illustrissima, e lo trovò della solita finissima tempra felicitandola d’un verseggiar sì felice, commettendomi di riverirla. Soggiunse che gli rincresce d’essere qui pochissimo stimata la poesia, e che perciò né dal Signor Apostolo Zeno, né da lui si sono fatti simili componimenti nelle tante occasioni di vittorie del Prencipe Eugenio, o di sposalizii, o d’altre; onde gli pareva di doversi risparmiar a Vostra Signoria Illustrissima questa spesa. Io però non m’acquietai essendone una degnissima produzione, soggiungendo che ne manderò più di 100 esemplari a Vostra Signoria Illustrissima per distribuirli alli amici di costì, e d’Italia, ove se ne fa la dovuta stima. A ciò non seppe opporsi, onde l’ho servita, e dimani spero, che saranno presentati li libretti alli sposi ed alla padronanza, poi si distribuiranno alli ministri di qui ed esteri, ed agl’intendenti. Si averà però riguardo di non gettarli. Di 400 che si sono stampati me ne resteranno circa 200 da mandar a Vostra Signoria Illustrissima». Vedi anche lett. di Florio a Marinoni, dell’8 febbraio 1744 (Udine, Archivio di Stato, Archivio Florio, 192.1, c. 31), che peraltro riprende un’espressione da questa di M.: «Oltre i replicati riscontri avuti dalle umanissime lettere di Vostra Signoria Illustrissima, il Signor Abbate Metastasio con una sua gentilissima m’assicura del publico gradimento, che costà felicemente ha incontrato il mio poemetto. Egli m’onora di sì eccedenti espressioni, che mi farebbe dolcemente insuperbire, quando non sapessi essere queste uno stimolo generoso con cui vuole accendermi nella poetica carriera».

Daniele Antonio Bertoli (1677-1743), disegnatore di camera di Carlo VI, poi «disegnatore teatrale» (con l’incarico di disegnare i costumi per il teatro di corte) e, dal maggio del 1731, ispettore e direttore della pinacoteca e della galleria imperiali. Autore del disegno (poi inciso da Andreas e Josef Schmuzer) del ritratto collocato sull’antiporta dell’edizione di Giuseppe Bettinelli delle Opere drammatiche di Mestastasio (vol. I, Venezia, 1758), con iscrizione sul basamento, sotto l’ovale, «Petrus Metastasius romanus Caroli Caesaris Augusti poeta». Era nipote di Giovanni Daniele, canonico di Aquileia, e fratello dell’abate Gian Domenico, fondatore del Museo di Aquileia. Su di lui cfr. la voce di Franz Hada-mowsky e Vittoria Masutti, in DBI, IX, 1967, pp. 593-594; per il suo rapporto con M. e il conte di Canale, si veda Alberto Beniscelli, «I più sensibili effetti». Percorsi attraverso il Settecento letterario, Roma, Edizioni di Storia e Letteratura, 2022, pp. 273-276.