Vienna, 20 agosto 1757

Illustrissimo Signore Signore e Padrone Colendissimo 

Fra le moltissime aggradevoli conseguenze del trionfo del nostro savio e valoroso marescial Daun#1, è stata per me una delle più sensibili l’occasione che ha somministrata al mio degnissimo signor conte Florio di accrescer fregi co’ suoi elegantissimi componimenti al Parnaso italiano#2 e di onorar me di sue lettere. Sino al ricever l’ultima sua#3 non era pervenuto a mia notizia se non se il sonetto dell’ombra dello Schwerin#4: e questo mi avea così occupato della sua viva e poetica imagine, e della maestà de’ pensieri e delle espressioni, particolarmente del primo terzetto, che ha saputo prendere il primo luogo, e difenderselo nel mio giudizio contro gli altri suoi fratelli#5, che per altro non glielo han lasciato senza contrasto. Non solo non mi era stato fatto parte di questi componimenti da’ nominati#6 letterati, ma non ho potuto né pure rintracciar da loro indirizzo per rinvenirgli. Ho fatto ricorso agli stampatori del paese, e così ne son venuto a capo. Ho trovati in una raccoltina la bellissima sua canzone corteggiata da’ cinque sonetti#7, et in un’altra più picciola tre sonetti soli, fra’ quali quello misterioso della verga e dell’arco, e due che non so se derivano dalla sorgente medesima, ma lo meritano almeno#8. La nota che accludo disegna il contenuto di ciascuna delle due raccolte, et i principii de’ componimenti onde son formate.
          Io son superbo del giudizio che feci de’ rari e colti talenti del mio signor conte Florio già da tanti anni; egli ha perfettamente avverati i miei presagi, et io me ne congratulo con me stesso, con l’Italia e con lui.
          Il mio sonetto#9 non ha altro di bello che la verità, che voleva oscurar qualche maligno, con attribuire a puro miracolo il nostro trionfo, per iscemarne il merito al vincitore. Per altro il sonetto non è la mia propensione: io mi corico di mala voglia su questo letto di Procuste, et è miracolo quando n’esco con l’ossa sane. Si conservi, mi comandi, e mi creda con la più costante e rispettosa stima

Vienna 20 agosto 1757

Di Vostra Signoria Illustrissima
Divotissimo Obbligatissimo Servitore Vero
Pietro Metastasio

 

La vittoria conseguita dalle truppe austriache al comando del feldmaresciallo Leopold Joseph Maria von Daun (1705-1766), a Kolin (Köln an der Elbe), nei pressi di Praga, il 18 giugno 1757. La vittoria impose un arresto temporaneo alle ambizioni di Federico II, che aveva dato l’avvio alla Guerra dei sette anni penetrando in Boemia e sconfiggendo sotto le mura di Praga (6 maggio 1757) il generale austriaco Carlo di Lorena.

Il riferimento riguardava i componimenti di Florio sulla vittoria di Kolin, che M. dirà di aver cercato e trovato (vd. infra). Florio, tuttavia, non doveva ancora aver visto la stampa, perché i sonetti inclusi furono 5 e non 6.

Cfr. lettera a Daniele Florio, 29 luglio 1757.

Dovrebbe trattarsi del terzo sonetto stampato entro i Componimenti poetici per la compita vittoria riportata in Boemia dalle armi austriache il giorno 18 giugno 1757, «Il vinto Re co’ sparsi avvanzi errante». Nel sonetto s’immagina l’«Ombra dello Schwerin» [Kurt Christoph von Schwerin, 1684–1757, uno dei più importanti generali di Federico II di Prussia, morto per una palla di cannone il 6 maggio 1757 nella battaglia di Praga] che incalza il re prussiano in fuga rimproverandolo per la codardia («Sei vinto, e vivi, e fuggi? ov’è il tuo chiaro / ardir? Io già non t’insegnai tal via; / né tanto fui del proprio sangue avaro»). Va segnalato anche il sonetto anonimo «Sire, ieri son giunto ai Campi Elisi», che si legge, frammisto a cose di Florio, a c. 8v del ms. 324 del Fondo Principale della BJU, Raccolta di sonetti intorno alla guerra Austro-Prussiana 1757-1761: «Sire, ieri son giunto ai Campi Elisi / e come è mio dover ve ne do parte / per un corrier, che adesso adesso parte / verso Berlin con i consueti avvisi. // Trenta mille de’ nostri in campo uccisi / ho presentato in buona forma a Marte, / ma si credette Piemontesi in parte / perché di sangue nella schiena intrisi. // Carlo di Svezia i complimenti suoi / vi fa distinti, e spera aver l’onore / di presto qui abbracciarvi infra di noi. // Caligola, Neron, e Solimano, / Attila ed altri son di vario umore / perché temon con voi perder la mano».

Quelli dedicati al trionfo del feldmaresciallo Daun e rinvenuti da M. (cfr. infra: «questi componimenti»), più esattamente i sonetti (nella raccolta succitata) I «L’Aquila avvezza a portar l’armi a volo», II «Quella Ragion, che di celeste raggio», IV La Liberazione di Praga «Sorgi afflitta Città, sorgi e respira», e V La Concordia fra i Generali «O Figlia di Ragion, di Fè gemella».

nominati: celebrati.

La canzone «Scendi per l’aer tranquillo», che nei Componimenti poetici per la compita vittoria riportata in Boemia dalle armi austriache il giorno 18 giugno 1757 è seguita dai cinque sonetti citati.

Altra raccolta stampata, di cui non si è rinvenuta copia. Non poteva trattarsi, ovviamente, di La Provvidenza alla S. I. R. M. di Maria Teresa regina d’Ungaria e di Boemia per li felici progressi delle di lei armi. Poemetto del Conte Daniele Florio presentato nel giorno del gloriosissimo nome della maestà sua, Vienna, Giovan Tomaso Trattner, 1757, perché non «più picciola», presentando la lunga canzone «Qual mai teatro s’apre, che l’animo, e le coglia», seguita peraltro da soli «due» sonetti, «Gran Dio, che scopri gl’intimi disegni» e «L’Olimpica non più fervida arena». In assenza della nota che accompagnava la lettera (vd. infra), è difficile dire quali fossero esattamente i «tre» sonetti menzionati dal Florio, ad eccezione di «quello misterioso della verga e dell’arco», che si legge nel ms. 211 del Fondo Principale di Udine, Biblioteca civica ‘Vincenzo Joppi’, dopo il son. del M. «Oh qual Teresa al suo splendor natio»: più esattamente, a c. 2r del terzo fascicoletto, Sopra lo stesso soggetto [la vittoria austriaca del 18 giugno 1757]. Sonetto del Conte Daniele Florio: «Scorse dai Lidi Aquilonari un vento / che l’alte fé crollar Piante Reali/ portando intorno su le rapide ali / cieco furore, e gelido spavento. // E ad un tempo fischiar per l’aria io sento / possente verga, ed arco pien di strali: / Tremate, par che dica, o Re mortali, / che il Ciel mi fé d’ultrici ire stromento! // Gelai d’orror, mi volsi appena, e vidi / con l’arco in un cader la verga infranta, / e il vento ritornò muto ai suoi lidi. // E vittoria mirai su l’Augusta Pianta / batter le bianche penne, e ai Duci fidi / mostrar le spoglie, onde i bei rami ammanta»; ed. in [Tommaso Michieli] Lettere inedite del conte Daniele Florio udinese, Per nozze Zuccheri – De Rocco, Padova, Minerva, 1838, pp. 11-12, entro la lettera del 25 giugno 1757 a Clemente Sibiliato. Gli altri due sonetti menzionati da M. non possono essere quelli che seguono nello stesso ms. (c. 4r Alla S(acra) C(esarea) A(ugusta) R(eale) Maestà di Maria Teresa per la gloriosa Vittoria nuovamente riportata dalle di Lei Armi sopra un corpo di 21(mila) Prussiani. Sonetto di Daniele Florio: «Gran Dio, che non confondi il valor vero», riferito alla vittoria di Maxen del 20-21 novembre 1759; e, c. 5r, Sonetto del Nobile Signor Conte Daniele Florio recitato da lui medesimo nell’Accademia di Udine: «L'industre Alceo, che i patrij campi augusti», non di argomento bellico). Andranno invece cercati forse tra quelli (anonimi) che fanno corona a quello dell’Ombra dello Schwerin nel ms. 324 della Biblioteca Joppi: c. 9r: Pronostico al Re di Prussia. Sonetto di N.N., «Su la parete non t’apparve è vero»; c. 9v: Al Re Prussiano. Sonetto dello stesso, «Solo in campo ed armato, e sei primiero?»; c. 10r: Per la liberazione di Praga dall’assedio. Sonetto di N.N. Al Re Prusso soggiogato, «Cadesti, o Prusso, come in Ciel fu scritto»; c. 10v: Sopra lo stesso soggetto. Sonetto, «Pianta orgogliosa che ne’ dì felici»; c. 11v: Sopra lo stesso soggetto. Sonetto, «Tu pur sei vinto, o Prusso: or va, confida». Quel che è certo, anche la seconda, più contenuta, raccolta, come l’altra dei Componimenti poetici, fu fatta stampare in Vienna dal già citato Franz Christoph von Scheyb, corrispondente del Florio, a cui mandava dettagliati resoconti sugli sviluppi della guerra dei Sette anni. A lui Scheyb, in una lettera in data 6 luglio 1757 [Udine, Archivio di Stato, Archivio Florio, II, 192.2], accusava «ricevuta di 3 bellissimi sonetti di Vostra Signoria Illustrissima arrivati appunto qui il giorno che vennero le spoglie fatte al Prusso di 47 cannoni esposti qui per 3 giorni a vista del popolo. Sicché il terzo sonetto vale un Perù»; aggiungendo che «Li 3 sonetti già sono alla Censura e passeranno con elogio».

«Oh qual, Teresa, al suo splendor natio», per la vittoria del Daun (ed. in Pietro Metastasio, Tutte le Opere, a cura di Bruno Brunelli, II, Milano, Mondadori, 1947, p. 933; e Pietro Metastasio, Poesie, a cura di Rosa Necchi, Milano, Aragno, 2009, p. 200). Cfr. inoltre lett. a Tommaso Filipponi, 30 giugno 1757. Su quest’unica occasione (insieme all’azione teatrale Il sogno) in cui M. s’impegnò a sostegno della corona imperiale (e su altri componimenti a lui falsamente attribuiti), oltre che sui riflessi della guerra dei Sette anni nella sua opera, cfr. Matteo Navone, La guerra dei sette anni nell’epistolario di Metastasio, in «fur comuni a noi l’opre, i pensier, gli affetti». Studi offerti ad Alberto Beniscelli, a cura di Quinto Marini, Simona Morando, Stefano Verdino, Novi Ligure (AL), Città del silenzio, 2018, pp. 94-95 e 101-103; Duccio Tongiorgi, «Fan dunque guerra ancora i poeti?». Versi per la Guerra dei Sette anni, «Diciottesimo Secolo», I, 2016, pp. 169-191: 171; William Spaggiari, “Novus rerum nascitur ordo”: Metastasio e la Russia, in Incroci europei nell’epistolario di Metastasio, a cura di Luca Beltrami, Matteo Navone, Duccio Tongiorgi, Milano, Led, 2020, pp. 179-193: 182-187.

 

imagine] immagine C
contro] contro B
glielo] gliel B C
agli] alli C
tanti anni] tant’anni C
iscemarne] iscemare C
corico di mala voglia] [corico > riduco sempre] di mala voglia \a coricarmi/ B
stima … Pietro Metastasio] stima etc. B