Vienna, 22 ottobre 1757

Illustrissimo Signore Signore Padrone Colendissimo 

Dal nostro signor abate Freddi#1 avrà già vostra signoria illustrissima piena contezza di tutto ciò che si è eseguito a tenore de’ venerati ordini suoi, onde non mi dilungo in questo inutile racconto. Mi congratulo ben seco della costante e preziosa fecondità delle sue Muse, che in vece di scemare, acquistano di giorno in giorno maggior vigore. Io ho avuto il sensibil piacere di vederle render giustizia da tutti que’ pochi che qui si ritrovano capaci di giudicar delle opere d’ingegno#2; e particolarmente da questo degnissimo nostro monsignor nunzio#3, che ieri fece meco a gara l’elogio della sua Provvidenza#4: la quale veracemente ridonda di dottrina, d’ingegno e di tutti i vezzi della più pellegrina poesia. Si conservi vostra signoria illustrissima a vantaggio del Parnaso italiano, e mi creda con la più sincera e rispettosa stima

Vienna 22 8bre 757

Di Vostra Signoria Illustrissima
Divotissimo Obbligatissimo Servitore Vero et Amico
Pietro Metastasio

 

Biagio Freddi era nipote di Teresa Morassi, sorella di Giovanni Giacomo Marinoni, da cui fu assunto come segretario (a Florio, 6 maggio 1752, comunicava la decisione di accoglierlo presso di sé) e quindi nominato suo erede. Freddi compare in diverse lettere di Marinoni, che costituiscono uno dei segmenti più cospicui dell’epistolario di Daniele Florio. Sarà Freddi a comunicare a quest’ultimo (da Vienna, 11 gennaio 1755) la morte del Marinoni (Udine, Archivio di Stato, Archivio Florio, II, 181.4). Dopodiché, Freddi dovette subentrare come punto di riferimento di Florio nei soggiorni viennesi; cfr. lett. di Daniele al fratello Francesco, da Vienna, 7 settembre 1771 (Udine, Archivio di Stato, Archivio Florio, II, 181.4): «partito domenica passata da Gorizia all’ore 22, sono solamente arrivato in quest’oggi in questa Imperiale città due ore dopo il mezzo giorno, ove graziosamente sono stato accolto nel solito albergo dal mio cordialissimo Ospite ed Amico il Signor Abate Freddi». Giovanni Giacomo Marinoni (1676-1755) è un nome importante nella storia della scienza e della cultura. A Vienna era matematico cesareo, cartografo e direttore dell’Accademia di ingegneria militare; dal 1726, nobile del Sacro Romano Impero e dal 1728 aggregato all’ordine nobile di Udine. Florio gli dedicò alcuni versi nell’occasione della pubblicazione del De astronomica specula domestica et organico apparatu astronomico libri duo, Vienna: Leopoldus Joannes Kaliwoda, 1745, relativi all’osservatorio astronomico da lui fondato a Vienna (All'illustrissimo signor Giacomo Marinoni patrizio udinese consigliere e mattematico cesareo e degl'incliti Stati dell'Austria inferiore ascritto all'Accademie delle Scienze di Bologna e di Napoli in occasione del libro da lui dato nuovamente alla luce sopra il suo domestico osservatorio e gli strumenti astronomici sonetto di Nivisco Lesio pastore arcade, Udine, Giambattista Fongarino, 1746). Su di lui cfr. Anna Giulia Cavagna, I libri di Giovanni Giacomo Marinoni, in Gli spazi del libro nell'Europa del XVIII secolo, a cura di Maria Gioia Tavoni e Françoise Waquet, Bologna, Pàtron 1997, pp. 129-152, e la voce di Liliana Cargnelutti in Nuovo Liruti, a cura di Cesare Scalon, Claudio Griggio e Ugo Rozzo, II. L’età veneta, Udine, Forum Editrice, 2009, pp.1603-1611.

Il numero ridotto degli intendenti di poesia italiana a Vienna è uno dei leit-motiv degli scambi epistolari fra M. e Florio (e non solo); cfr. ad es. lett. di M. a Farinello, 11 febbraio 1750: «A rispetto di tutti gli abitanti della terra, pochi sono quelli che sanno la lingua italiana: fra questi pochissimi quelli che gustano la poesia; e fra quei che la gu-stano, è ristrettissimo il numero degli esatti conoscitori».

Ignazio Michele Crivelli (1698-1768), arcivescovo di Cesarea, dal 17 dicembre 1753 nunzio presso la corte imperiale.

Cfr. La Providenza, alla S. I. R. M. di Maria Teresa Regina d’Ungaria e di Boemia per li felici progressi delle di lei armi. Poemetto del co. Daniele Florio presentato nel giorno del gloriosissimo nome della Maestà Sua, Vienna, Giovan Tomaso Trattner, 1757. Il poemetto, in stanze di martelliani rimati in coppia, celebrava la vittoria delle armi austriache del 18 giugno 1757.

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