Vienna, settembre 1761

Illustrissimo Signore Signore Padron Colendissimo 

I piccioli ma frequenti comandi della mia Corte, ricca di otto, anzi nove angeliche arciduchesse#1, tutte dilettanti di canto, aggiunti alle irregolarità di mia salute, mi fanno spesso comparir trascurato con quelle persone medesime, con le quali io ambirei d’essere in continuo commercio. Da queste sorgenti deriva, riveritissimo mio signor conte, quella tardanza nel rispondere al gentilissimo suo foglio; della quale io pretendo da vostra signoria illustrissima più compatimento che scusa, come di mero mio danno e non già di delitto. 
          Ho diverse volte veduto e nella mia e nella sua casa il signor Giulio Agricola#2: mi è sommamente piaciuto; e son di parere che potrà formarsene una persona riguardevole molto, e per le naturali disposizioni, e per la coltura studiosa con la quale seconda i suoi talenti; e soprattutto col savio metodo da lui adottato di lavarsi de’ pregiudizi che si contraggono nelle biblioteche con l’inspezione prattica del gran libro del mondo. Egli ha sofferto pazientemente le mie numerose et affollate richieste sullo stato e le circostanze della cara e degna persona di vostra signoria illustrissima, e mi ha soprattutto distintamente et aggradevolmente sodisfatto, onde io me le confesso sensibilmente debitore del desiderabile acquisto di così preziosa conoscenza. 
          Le rendo grazie del cortese dono de’ due bellissimi sonetti, a’ quali ho reso e fatto render giustizia dagl’intelligenti di mia conoscenza, e particolarmente dalla nostra contessina Figuerola#3, che ha voluto adornarne il suo archivio poetico. Ella, monsignore suo zio#4, la signora contessa madre#5, il conte di Canale#6, e tutti gli amici mi caricano di complimenti e di applausi per vostra signoria illustrissima, onde io appena ardisco d’ostentare i miei. 
          La grand’opera da vostra signoria illustrissima intrapresa#7 non soffre fretta. I grandi viaggiatori non corrono la posta. A dispetto della mia impazienza io non posso disapprovar la savia et ordinata lentezza con la quale ella procede nel suo glorioso lavoro. Vada adagio, ma non desista, e son sicuro che ne raccoglieranno nuovo splendore le nostre Muse italiane. 
          Si compiaccia d’assicurar del mio rispetto la degnissima signora contessa sua consorte#8, e mi creda sempre pieno di stima, d’ossequio e d’affetto

Vienna 7bre 1761

Di Vostra Signoria Illustrissima
Divotissimo Obbligatissimo Servitore et Amico
Pietro Metastasio

 

Otto erano le figlie di Maria Teresa e Francesco I: Maria Elisabetta Josefa (1743-1808), Maria Anna (1738-1789), Maria Carolina (1752-1814), Maria Cristina (1742-1798), Maria Amalia (1746-1806), Maria Giovanna Gabriella (1750-1762), Maria Giuseppina (1751-1767), Maria Antonietta (1755-1793); la nona arciduchessa era Isabella Maria di Borbone-Parma (1741-1763), che nel 1760 aveva sposato l’allora erede al trono imperiale Giuseppe II.

Giulio Antonio Agricola, figlio di Vincenzo, della nobile famiglia udinese; nel 1768 acquistò il Palazzo Orgnani a Udine, in via Giovanni da Udine.

M. indica la figlia nubile, Francesca o Franzisca, figlia della contessa Gertrude e di Josep Figuerola y Arguillol. Era nipote di Monsignor Perlas, presso il quale peraltro viveva: «Tale era quella [conversazione] di detto monsignor Perlas con sua nipote la signora contessa Figarola ivi abitante, figlia del signor conte di tal nome» (Andrea Rubbi, Elogio di Pietro Metastasio, Venezia, Pietro Marcuzzi, 1782, pp. 87-88). Su di lei cfr. anche Alberto Beniscelli, Le ragioni di un incontro. Metastasio e Vienna, cit., e Paola Cosentino, Le allieve di Metastasio. Per una ricognizione degli ambienti viennesi intorno al poeta, in corso di stampa negli atti del convegno La Vienna di Metastasio (1730-1782), Vienna, 7-9 aprile 2022, presso l’editore Hollitzer, Vienna.

Carlo, canonico di Breslavia; era un vecchio amico di M., il quale, dopo la morte della contessa Marianna Pignatelli d’Althann (1755), dove «si tratteneva dalle undici ore della mattina fino alle due dopo mezzo dì, e la sera dalle otto fino alle dieci», prese a impiegare questo tempo con lui (cfr. Vita dell’Abate Pietro Metastasio poeta cesareo, in Opere del signor abate Pietro Metastasio, t. IV. Lucca, Francesco Bonsignori, 1783, pp. VII-VIII); e, ancora: «Dal 1740 fino all’ultima malattia tenne un ordine regolare di vita […] Poco dopo il mezzo giorno usciva, e sempre in carrozza. Facea qualche visita; poi si fermava in casa di monsignor Perlas suo vecchio amico presso alle due […] Usciva [dopo le otto] di nuovo in carrozza a qualche gita, o restituiva visite, finché ritornava da monsignor Perlas fino alle dieci» (Andrea Rubbi, Elogio, cit., p. 87). Ciò non sembra compatibile con quanto affermato da Brunelli (IV, p. 880), che si tratti di Francesco de Vilana-Perlas, figlio della contessa Marianna Zinzendorf, che «abitava perlopiù a Milano da quando nel 1761 aveva ottenuto il canonicato nella chiesa di S. Maria della Scala». In realtà, in quanto zio della fraila Figuerola, monsignor Perlas era un fratello del don Ramòn Figuerola che era giunto dalla Spagna al seguito di Carlo VI. Su monsignor Perlas si veda ora Alberto Beniscelli, Le ragioni di un incontro. Metastasio e Vienna, cit. e Paola Cosentino, Le allieve di Metastasio. Per una ricognizione degli ambienti viennesi intorno al poeta, cit.

Gertrude de Figuerola, contessa spagnola, figlia primogenita del marchese di Rialp, don Ramòn; era legata da stretta amicizia a M. Su di lei cfr. Giuseppe Gorani, Dal dispotismo illuminato alla rivoluzione (1767-1791), a cura di Alessandro Casati, Milano, Mondadori, 1942, p. 37. Nella lettera a Filippo Hercolani del 16 aprile 1767 (Brunelli, IV, n. 1508) M. ne lamenterà la «dolorosa perdita».

Luigi Malabaila di Canale (1704-1773), ambasciatore sabaudo a Vienna; sul suo rapporto con M., all’insegna della comune predilezione per il mondo classico – tradussero insieme Giovenale e l’Ars poetica di Orazio -, cfr. Ada Ruata, Luigi Malabaila di Canale, Torino, Deputazione Subalpina di Storia Patria, 1968; Rossana Caira Lumetti, Gli italiani a Vienna all’epoca di Metastasio, in La tradizione classica nelle arti del XVIII secolo e la fortuna di Metastasio a Vienna, Atti del Convegno internazionale di studi Österreichische Nationalbibliothek, Wien 17-20 maggio 2002, a cura di Mario Valente e Erika Kanduth, Roma, Artemide Edizioni, 2003, pp. 239-260: 251-254; e Alberto Beniscelli, Il poeta e il diplomatico, in Id., «I più sensibili effetti». Percorsi attraverso il Settecento letterario, Roma, Edizioni di Storia e Letteratura, 2022, pp. 261-281.

Il poema epico Tito, ossia Gerusalemme distrutta, intrapreso per le ripetute sollecitazioni di M. di volgersi al genere eroico. Il poema non progredì oltre il Canto IV; i primi due saranno pubblicati postumi da Quirico Viviani, nel trentennale della morte del Florio (1819); il terzo e parte del quarto ancora dopo, nel 1823: cfr. lett. di M. a Florio del 20 agosto 1760.

Vittoria di Valvason-Maniago Arcoluniani (†1763), discendente di Erasmo Valvason: cfr. lett. di M. a Vittoria Valvasone del 24 ottobre 1760.

 

a piaciuto ] piacciuto B
Vienna 7bre ] dopo Vienna uno spazio (Metastasio ha dimenticato di inserire l’indicazione del giorno, forse 7, per interferenza con l’abbreviazione del mese?) A