Vienna, 26 aprile 1766

Illustrissimo Signore Signore e Padron Colendissimo 

Portatore del gentilissimo foglio di vostra signoria illustrissima fu la domenica scorsa il signor conte Sbruglio#1 a favorirmi nella mia casa. Mi compiacqui moltissimo della sua obbligante compagnia e mi approfittai forse poco discretamente dell’opportunità per satollar la mia curiosità, interrogandolo minutamente sulle circostanze e della salute e della serenità dell’animo della riverita di lei persona, ch’io amo et onoro quanto ella merita, che vuol dir senza fine. Questa mia cura occupò tanto della nostra confabulazione, ch’egli partì da me senza ch’io mi fossi informato dell’alloggio in cui si trattiene. Onde, non so dove cercarlo, e temo ch’egli mi prenda per un Titiro o un Melibeo#2. Ma farò il possibile per rinvenirlo. 
          Lessi già tempo fa, e molte volte rilessi i teneri sonetti da lei incomparabilmente nella sua irreparabile perdita imaginati et espressi#3. Mi commossero oltre ogni credenza, e conobbi tutta l’eccellenza in essi, non meno che la passione dello scrittore. Lessi poi le stanze epitalamiche#4, che trovai piene di poesia, d’erudizione e di franchezza. Per mezzo del giovane signor visconte Torres#5 gliene feci render le dovute vivissime grazie a riguardo della bella abitazione che a spese proprie ella mi ha fabbricata fra le stelle#6; della quale per altro, non ostante la liberalità del generoso e parzial donatore, io non mi credo legittimo possessore. Or finalmente ho letti i quattro sonetti, composti sull’elezione e rinunzia del degnissimo signor suo fratello#7, ne’ quali egregiamente comparisce non meno il distinto merito di lui, che il bel cuore e l’invidiabile talento di chi gli ha scritti. Mi dimenticava la storia de’ quattro desertori, che ha vostra signoria illustrissima mirabilmente spiegata e ristretta in un sonetto#8, mostrando in esso a qual segno possa ella fidarsi dell’ubbidienza delle Muse. 
          Di tutto ciò ho fatto parte ai pochi amici che qui sono atti a goderne, et ho avuto il contento di non trovare alcuno discorde dal parer mio nell’assegnarle sublime et onorato luogo sulle più elevate cime del Parnaso italiano.
          Monsignor Perlas#9, le signore contesse e Fraila Figuerola#10, e specialmente poi il signor conte di Canale#11, le rendono i dovuti contraccambi della sua obbligante memoria; et io pieno di stima, di riconoscenza e di rispetto sinceramente mi confermo

Vienna 26 aprile 1766

Di Vostra Signoria Illustrissima
Divotissimo Obbligatissimo Servitore Vero
Pietro Metastasio

 

Dovrebbe trattarsi del conte Gaspare de Sbruglio, autore di un’Orazione funebre per monsignor Giovan Girolamo Gradenigo arcivescovo di Udine (Udine, Girolamo Murero, 1787).

mi prenda per un Titiro o un Melibeo: mi consideri un ozioso cantore (con riferimento ai due protagonisti della I bucolica virgiliana).

Si riferisce ai Sonetti di Daniele Florio in morte della contessa Vittoria nata Valvasona di Maniago sua dilettissima consorte, Udine, Antonio Del Pedro, 1763, che poté ricevere dallo stesso Florio (vd. lett. a Florio del 6 aprile 1765). A questi si riferisce la nota in B, c. 1v: «L’anno 1763 nella morte della Co. Vittoria di Valvasone di lui moglie stampò varii sonetti in numero di 24 che li spedì qualche tempo dopo all’Abbate Metastasio» (la silloge in onore della moglie, incrementata, si legge in Poesie Varie dedicate alla Santità di N.S. Papa Pio VI dal Conte Daniele Florio udinese […], Parte prima, Udine, Fratelli Gallici, 1777, pp. 93-120: In Morte della Signora Contessa Vittoria Florio, nata Contessa Valvasona di Maniaco († 1763), Consorte dell'Autore, 28 Sonetti).

Le Grazie, poemetto per le felicissime nozze di sue eccellenze il N.H. conte Giovanni Manini e la N.D. Samaritana Delfino, Venezia, Fenzo, 1766. Stando alla lettera post 26 aprile 1766 di Florio a M., s.d. (in Udine, Archivio di Stato, Archivio Florio, II, 192.1), si apprende che l’udinese aveva inviato in visione i soli primi due canti manoscritti; la conferma nella nota relativa alla copia di questa lettera in B, c. 1v: «Il Poemetto Epitalamico accenato è intitolato Le Grazie fatto per le nozze del N.H. Conte Giovanni Manini, e la Nobil Donna Samaritana Delfin l’anno 1766».

Emanuele Antonio junior, figlio del tenente maresciallo Emanuele Antonio Torres di Gorizia; a cui M. (vd. lett. del 5 marzo 1776: Brunelli, IV, pp. 446-447, n. 1483) chiese di esprimere al Florio i ringraziamenti, con parole molto simili a quelle qui usate: «Ho ricevuto mercé l’obbligante vostra attenzione e letto con piacere infinito il poemetto del nostro fecondissimo signor conte Florio. Ho ritrovata in esso quella nobile e felice chiarezza, quella eleganza, quella fantasia e quella dottrina che l’hanno sempre distinto. Sono andato con essolui passeggiando le stelle: e sono rimasto sorpreso di trovare in esse un alloggio da lui per me parzialmente fabbricato. Benché io tema con gran ragione che quell’aria sia per me troppo elevata e sottile, gliene sono gratissimo e vi prego di fargli pervenire i miei rendimenti di grazie, le mie sincere congratulazioni e le proteste della mia riverente stima e della mia non più ormai soggetta ai capricci delle stagioni ben radicata amicizia».

Si riferisce ai vv. L 7-8 del poemetto, in cui nel Tempio delle Grazie – rifugiatesi tra gli astri, presso Urania – tra le glorie della moderna poesia è riservato un posto a Metastasio: «Quel, che il dotto Gravina, e assai migliore / Dei dolci canti ebbe maestro Amore».

Ai primi di marzo del 1766 Clemente XIII aveva elevato Francesco Florio alla sede vescovile di Adria e Rovigo, ma Florio presentò immediatamente istanza di esserne esentato, adducendo motivi di salute e ricorrendo ai buoni uffici di alcuni cardinali amici (Gian Vincenzo Ganganelli - poi Clemente XII - e Carlo Rezzonico) per ottenere la dispensa. I quattro sonetti che M. lesse sono certo tra i sei inseriti nel gruppo «Per l’elezione al Vescovado d’Adria di Monsignor Conte Francesco Florio, e per la rinunzia a lui graziosamente accordata Sonetti», a stampa nelle Poesie Varie dedicate alla Santità di N.S. Papa Pio VI dal Conte Daniele Florio udinese […], Parte prima, Udine, Fratelli Gallici, 1777, pp. 123-128.

È il sonetto «A’ quattro, che per vie furtive e torte / s’eran sottratti al militare impero / Tito novel temprò il rigor severo, / un ne condanna, e gli altri invola a morte. // Tutti – ei dicea – serbar vorrei, ma il forte / onor lo vieta: or quei che il punto nero / gietta minor sul timpano guerriero / sol cada; io no, giudice sia la sorte -. // Tre consentian, ma il quarto opponsi, e dice: / - Pur Cesare sbandì, di trombe al suono, / i giocchi incerti: usarli a me non lice -. // Scaltro e fedel, ei non arrischia un dono / assai miglior dell’oro, e reo felice / a se stesso e ai compagni ottien perdono». Si legge nel ms. 23 del Fondo Principale della Biblioteca civica “Vincenzo Joppi” di Udine, c. 238r, introdotto da questa didascalia: «Sopra il fatto dei quattro disertori in cui spicca il discernimento e la clemenza di S.M. L’Imperatrice a favor della spiritosa risposta d’un soldato Italiano. Sonetto del Conte Daniel Florio».

Carlo di Villana-Perlas de Rialp, canonico di Breslavia, zio della contessina Figuerola, che con lui conviveva; era un vecchio amico di M., il quale, dopo la morte della contessa Marianna Pignatelli d’Althann (1755), dove «si tratteneva dalle undici ore della mattina fino alle due dopo mezzo dì, e la sera dalle otto fino alle dieci», prese a impiegare questo tempo con lui (cfr. Vita dell’Abate Pietro Metastasio poeta cesareo, in Opere del signor abate Pietro Metastasio, t. IV. Lucca, Francesco Bonsignori, 1783, pp. VII-VIII); e, ancora: «Dal 1740 fino all’ultima malattia tenne un ordine regolare di vita […] Poco dopo il mezzo giorno usciva, e sempre in carrozza. Facea qualche visita; poi si fermava in casa di monsignor Perlas suo vecchio amico presso alle due […] Usciva [dopo le otto] di nuovo in carrozza a qualche gita, o restituiva visite, finché ritornava da monsignor Perlas fino alle dieci» (Andrea Rubbi, Elogio di Pietro Metastasio, Venezia, Pietro Marcuzzi, 1782, p. 87). Ciò non sembra compatibile con quanto affermato da Brunelli (IV, p. 880), che si tratti di Francesco de Vilana-Perlas, figlio della contessa Marianna Zinzendorf, che «abitava perlopiù a Milano da quando nel 1761 aveva ottenuto il canonicato nella chiesa di S. Maria della Scala». In realtà, in quanto zio della fraila Figuerola, monsignor Perlas era un fratello del don Ramòn Figuerola che era giunto dalla Spagna al seguito di Carlo VI. Su monsignor Perlas si veda ora Alberto Beniscelli, Le ragioni di un incontro. Metastasio e Vienna, e Paola Cosentino, Le allieve di Metastasio. Per una ricognizione degli ambienti viennesi intorno al poeta, in corso di stampa negli atti del convegno La Vienna di Metastasio (1730-1782), Vienna, 7-9 aprile 2022, presso l’editore Hollitzer, Vienna.

«Le Signore Contesse»: la contessa Gertruda Figuerola e, probabilmente, Maria Antonia de Silva, contessa di Collalto, sposa di Tommaso Vinciguerra di Collalto, gentiluomo di Camera dell’imperatore, e habitué di casa Figuerola (cfr. di Florio a M. del 21 dicembre 1781); «Fraila Figuerola»: la figlia di Gertruda, Francesca: «Succedette a questa [Marianna d’Althann] la Contessa Figarola nipote di Monsignor Perlas, ornata pure delle più rare doti, che a gentil animo convengano. Né mancò di spargersi voce che avessela presa a moglie benché solesse protestare, che se il sacerdozio fosse stato necessario a smentirla lo avrebbe assunto» (Carlo Cristini, Vita dell’Autore, cit., p. 215).

Luigi Girolamo Malabaila conte di Canale (1704-1773), diplomatico, dal 1736 inviato della corte sabauda a Vienna; sul suo rapporto con M., all’insegna della comune predilezione per il mondo classico – tradussero insieme Giovenale e l’Ars poetica di Orazio -, cfr. Ada Ruata, Luigi Malabaila di Canale, Torino, Deputazione Subalpina di Storia Patria, 1968; Rossana Caira Lumetti, Gli italiani a Vienna all’epoca di Metastasio, in La tradizione classica nelle arti del XVIII secolo e la fortuna di Metastasio a Vienna, Atti del Convegno internazionale di studi Österreichische Nationalbibliothek, Wien 17-20 maggio 2002, a cura di Mario Valente e Erika Kanduth, Roma, Artemide Edizioni, 2003, pp. 239-260: 251-254; e Alberto Beniscelli, Il poeta e il diplomatico, in Id., «I più sensibili effetti». Percorsi attraverso il Settecento letterario, Roma, Edizioni di Storia e Letteratura, 2022, pp. 261-281.

 

fossi ] fussi B
o un ] o B
imaginati ] immaginati B
a ] omette B
fabbricata ] fabricata B
legittimo ] leggittimo B
rinunzia ] renunzia B
de’ quattro desertori ] de i 4 disertori B
goderne ] gustarne B
onorato ] elevato B
le signore contesse e Fraila Figuerola ] omette B
contraccambi ] contracambii B