Vienna, 29 marzo 1775

llustrissimo Signore Signore e Padrone Colendissimo 

Grazie alle canore abitatrici del Parnaso, che mai non sono stanche di soggiornar seco, di temprarle magistralmente la cetra, e di scherzarle intorno sempre egualmente ridenti. Non ha vostra signoria illustrissima bisogno di chiamarle agli usati uffici, vengono esse spontaneamente a sollecitarla di somministrare alla Fama nuova materia per le sue lodi e cari argomenti a chi l’ama, per assicurarsi nell’eccellenza de’ frutti del giovanil vigore della felice pianta che gli produce#1. Ho con replicato diletto e letti e riletti i quattro sonetti#2 de’ quali si è compiaciuta farmi parte e gli ho fatti assaporare a tutte le persone da lei rammentate, et ad altre che ne ho stimato degne, e tutte son meco convinte, non solo del distintissimo merito, ma del vegeto altresì, robusto e florido stato del fecondissimo autore; onde io me ne congratulo non men con esso lui, che con me stesso, poiché l’infinita stima e l’antica amicizia mi hanno a lui dopo tanti anni così strettamente congiunto, che più non possono ormai essere a me straniere le sue vicende. 
          Il signor Martines#3, che con la sua sorella le fa umilissima riverenza, ha trascritto di propria mano i quattro bellissimi sonetti e presentati ieri a sua altezza il signor principe dì Kevenhüller#4, che gli ha letti, applauditi, gustati e sommamente graditi; egli ha commesso di render grazie a vostra signoria illustrissima della cortese attenzione, di congratularsi seco della così vivace ancora et abbondante sua vena poetica, e di assicurarla ch’ei non trascurerà di comunicare a’ suoi amici così lodevoli produzioni.
          Tutti quelli che nell’obbligante sua lettera ha vostra signoria illustrissima rammentati le rendono un ampio contraccambio della gentil sua memoria; et io supplicandola di far presente al degnissimo signor suo fratello#5 il mio sincero rispetto, pieno di stima, d’ossequio e di tenerezza invariabilmente mi confermo

Vienna 29 marzo 1775

Di Vostra Signoria Illustrissima
Divotissimo Obbligatissimo Servitore Vero et Amico
Pietro Metastasio#6
 

Riferimento alla lettera del 2 marzo 1775, in cui Florio s’era soffermato sul vigore poetico ancora non del tutto spento in lui e sul favore con cui le Muse ancora lo riguardavano.

In realtà, erano «tre» i sonetti indicati da Florio nella sua: «un sonetto, in cui è ristretta l’idea del lungo componimento [l’ode pindarica per la nascita dell’infante Carlo Francesco Gennaro, primo erede maschio di Maria Carolina d’Austria e di Ferdinando IV di Napoli], e ne aggiungo due altri di ricente composti sopra l’elezione del nuovo Pontefice».

Giuseppe Martinez (1729-1788), Custode e poi (dal 1785) Direttore della Biblioteca Imperiale. Era figlio di Nicola (1689-1784), Maestro di Camera del nunzio apostolico presso l'Imperatore austriaco ed amico di M. fin dai tempi di Napoli; al punto che M. a Vienna visse per un cinquantennio nella sua casa. Fu anche il suo più fedele segretario e rimase al suo fianco anche dopo aver assunto l’incarico di Custode della Biblioteca Imperiale, ottenuto proprio grazie all’intercessione del poeta cesareo. Era dotato di una straordinaria abilità nelle lingue, e conosceva tedesco, greco, latino, italiano, francese, spagnolo, turco, ebraico, arabo, persiano e siriano. Su di lui, oltre che sulle sue due sorelle (Antonia e Marianna) e i tre fratelli (Dionysius, Carl Boromeus, Johann Baptist), cfr. Irving Godt, Marianna in Vienna: A Martines Chronology, «The Journal of Musicology», 16, 1 (Inverno, 1998), pp. 136-158.

Johann Joseph von Kevenhüller, (1706-1776), dal 1742 Maggiordomo maggiore di corte, dal 1763 Principe dell’Impero (con aggiunta del cognome Metsch). Ha lasciato un diario della sua vita (Aus der Zeit Maria Theresias, Tagebuch des Fürsten Johann Josef Khevenhüller-Metsch, kaiserlichen Obersthofmeisters, 1742-1776, Wien, Adolf Holzhausen, 1907-1917). Era in rapporti di amicizia col Florio, che a lui si rivolgeva, in genere con la mediazione di M., per far giungere i suoi versi a Maria Teresa e agli altri membri della famiglia imperiale.

Il conte Francesco Florio (1705-1792), canonico di Aquileia, primicerio della cattedrale di Udine, vicario generale dell’arcidiocesi di Udine. M. l’aveva conosciuto nei due mesi (febbraio-marzo) in cui era stato a Vienna, inviato dopo il Capitolo generale di Udine del 1734 per discutere del ruolo dei vicari imperiali nel consiglio dei canonici di Aquileia. Fu autore di opere di storia e di agiografia e corrispondente, tra gli altri, del Muratori e di Apostolo Zeno.

Alla sua risposta (in Udine, Archivio di Stato, Archivio Florio si conservano la minuta e quella, con varianti, che sembra la copia spedita, in data 22 aprile 1775: II, 192.1) Florio accompagnò l’invio di un altro sonetto in lode di M. («Oltre quel secreto piacere, che ognuno prova nel conservar se stesso in una felice costituzione, e nel esercitar senza pena le sue facoltà in quelle cose, alle quali è stato instituito dalla natura e dall’uso, io sento una particolar compiacenza di comprovar a Vostra Signoria Illustrissima con questo sonetto (che vorrei poter cangiar in un Poema) quella infinita stima, e sincera amicizia, che nata in me dall’uniformità degli studi, nutrita da una genial consuetudine non mai per tanti anni interrotta non avrà altri confini, che quelli della vita, anzi come mi giova sperare, volerà con la celebrità del suo Nume fino a’ secoli futuri»); come specificato anche nel recapito della stessa lettera: «Al Signor Abate Metastasio / accompan>ian<doli il sonetto composto / in di Lui lode, che comincia / Se prendo in man l’armoniosa lira».

 

sono ] son B
giovanil ] giovenil B
compiaciuta ] compiaciuto B
stimato ] stimate B
lui ] lei B
tanti anni ] tant’anni B
Il signor Martines … produzioni ] omette B
le ] omette B
contraccambio della ] contracambio alla B