Vienna, 29 aprile 1775#1

Illustrissimo Signore Signore e Padrone Colendissimo

Non ha punto bisogno vostra signoria illustrissima d’essere informata degl’interni miei candidi sentimenti intorno all’ammirabile sua pindarica canzone#2, che con affettuosa parzialità si è compiaciuta di comunicarmi. Non sono essi, né possono essere altri, se non se quelli medesimi che han sempre esatto da me tutte le luminose produzioni del colto suo felicissimo ingegno, e che per fare onore al mio giudizio, non mi stanco mai in ogni tempo et in ogni luogo di protestare e ripetere. Per secondare con l’ubbidienza mia la sua eccessiva modestia, nelle replicate, attentissime letture da me fatte di questo nitidissimo componimento, ho cercato in esso, con avidità quasi maligna, alcun picciolo neo, del quale io potessi, con qualche apparenza di ragione, accusarlo, e non mi è riuscito di rinvenirlo; anzi mi sono fra queste ricerche convinto che il suo vigor poetico s’accresce in vece di scemarsi cogli anni, e mi sono confermato nella mia antica opinione, che debba leggere i suoi versi chi vuol saper qual sia il vero incantator linguaggio che si parla in Elicona fra le Muse et Apollo. Queste incontrastabili verità io son superbo di conoscere et anzioso di pubblicare, onde argomenti quanto mi sarebbe cara l’occasione che ella me ne somministra offrendomi di far precedere una mia lettera all’impareggiabile sua canzone, nella stampa che dovrà farsene; ma, per somma mia sventura, io non sono in istato d’approfittarmene, et eccone l’insuperabile ostacolo. Già da molti anni una quantità d’oscurissimi insetti del nostro Parnaso italiano, l’uno imitando l’altro, avean preso il costume d’inviarmi i loro componimenti, e stamparli poi con la mia lettera di risposta senza l’assenso mio. Non trascurai di risentirmene, ma il mio risentimento non produsse se non se le chiare richieste della libertà di stampare il mio giudizio (o elogio) coi componimenti mandati. Considerai che se avessi ubbidito solo a quelli che n’eran degni, mi sarei tirato addosso le vendette de’ moltissimi che non lo erano, e se fossi stato condescendente con ogn’uno, mi sarei veduto il più delle volte costretto a comparir ne’ miei giudizi o la chinea di Sileno#3, o uno sfacciatissimo adulatore; onde non seppi ritrovare altro ripiego che quello di scusarmi modestamente con tutti. Questa legge che per necessità io mi sono da me medesimo imposta, è divenuta ora inviolabile, per il dovuto riguardo di non offender persone che a giusto titolo esigono da me rispetto, e delle quali ne’ tempi andati, per le esposte ragioni, non ho potuto secondare le istanze. Il peggio si è che ve ne sono recentissimi esempi. Nello scorso mese di marzo ho dovuto scusarmi col dottissimo padre Giuseppe Calvi di Messina#4, che desiderava da me una lettera da premettere ad un suo leggiadro drammatico componimento da pubblicarsi appunto nelle feste imminenti che si celebreranno in Napoli per la nascita del duca di Puglia; e con mia lettera del 10 del cadente aprile ho fatto la scusa medesima col padre don Pietro d’Onofrio dell’Oratorio di S. Filippo Neri in Napoli#5, e con mio grandissimo rincrescimento, perché la mia lettera da lui richiesta dovea precedere una raccolta di sue eleganti anacreontiche, meritevolissime d’ogni lode. Sicché mi compianga vostra signoria illustrissima se non posso prevalermi d’una così invidiabile opportunità di onorare il mio giudizio; e non si scandalizzi se m’impone rispetto quel Genus irritabile Vatum che l’imponeva al gran Venosino#6. Le rendo grazie del parzial pensiero; la supplico di far presente la mia venerazione al degnissimo signor suo fratello#7, e di non cessar mai di credermi con l’invecchiata tenerezza et ossequio

Vienna 29 aprile 1775

Di Vostra Signoria Illustrissima
Divotissimo Obbligatissimo Servitore Vero et Amico
Pietro Metastasio

Sicuramente risponde alla lett. di Florio del 9 aprile 1775, perché garbatamente rifiuta la sua richiesta di allegare il giudizio di M alla stampa dell’ode pindarica.

L’ode scritta per la nascita, il 4 gennaio 1775, dell’infante Carlo Francesco Gennaro, duca di Puglia, primo erede maschio di Maria Carolina d’Austria e di Ferdinando IV di Napoli; la lunga canzone pindarica «Voi che dal cheto e sempre verde Eliso», che si legge nel Canzoniere austriaco (in Udine, Archivio di Stato, Archivio Florio, II, 198/1), fu stampata in opuscolo (Per la felicissima nascita di S.A.R. il principe ereditario delle Sicilie. Canzone del conte Daniele Florio udinese ciamberlano delle LL.MM.II.RR.AA. l’anno MDCCLXXV, s.l., s.n., [1775]).

la chinea di Sileno: (iron.) un asino, con riferimento al Bacco in Toscana (v. 523) di Francesco Redi: «e sul destrier del vecchierel Sileno».

Cfr. lett. a Giuseppe Calvi, 20 marzo 1775 (Brunelli, V, pp. 323-324, n. 2180); il Calvi, autore di libretti, cantate, aveva inviato a M. il libretto di un suo Ratto di Proserpina ricompensato, con preghiera di correggerlo e di poter accompagnarne la stampa «con una patente lettera» in cui M. si assumeva «l’autorevole graduazione d’approvatore».

Pietro degli Onofri, o d’Onofrio, autore di scritti erudizione sacra: Spiegazione della Bolla della S. Crociata che incomincia Catholicae Ecclesiae dal Regnante Pontefice Pio VI (Napoli, dalla Stamperia Raimondiana, 1778); Succinto ragguaglio dell’origine, progresso, e stabilimento del Sacro Molitar Ordine Gerosolimitano, con un ristretto di tutte le vite de’ Gran-Maestri (Napoli, presso Gaetano Raimondi, 1791); Elogio estemporaneo per la gloriosa memoria di Carlo III. monarca delle Spagne e delle Indie (Napoli, nella Stamperia di Pietro Perger, 1791). La lett. citata da Meta-stasio in Brunelli, V, p. 332, n. 2187.

Hor. ep., II, 2, 102 («Multa fero ut placem genus inritabile vatum»).

Il conte Francesco Florio (1705-1792), canonico di Aquileia, primicerio della cattedrale di Udine, vicario generale dell’arcidiocesi di Udine. M. l’aveva conosciuto nei due mesi (febbraio-marzo) in cui era stato a Vienna, inviato dopo il Capitolo generale di Udine del 1734 per discutere del ruolo dei vicari imperiali nel consiglio dei canonici di Aquileia. Fu autore di opere di storia e di agiografia e corrispondente, tra gli altri, del Muratori e di Apostolo Zeno.

 

padre Giuseppe Calvi di Messina ] N. N. B
col padre don Pietro d’Onofrio dell’Oratorio di S. Filippo Neri in Napoli ] col Sig(no)r Conte N. N. B