Vienna, 13 aprile 1776

Illustrissimo Signore Signore e Padrone Colendissimo 

Con una nuova sua obbligantissima lettera del 23 dello scorso marzo, ho ricevuta l’ode sulla luce#1, splendida, qual si conviene al soggetto. Vi sono lampi stupendi, che sorprendono et illuminano la mente de’ lettori, e scoprono loro in un istante un’immensità di paese. La signora contessa Figuerola#2 (che con la sua comitiva la riverisce) n’è incantata. L’ho fatta nitidamente trascrivere, non dal consiglier Martines, custode dell’imperial biblioteca#3, non dal suo fratello concepista nel consiglio di Boemia#4, perché sono occupati a segno ne’ loro impieghi che appena rimangono liberi ad essi i momenti che esigono gli uffici indispensabili della vita; non dalla indefessa compositrice#5, che non ha mai esperimentata la sua abilità nel mestiere di copista, e se io l’ho scritto (come par ch’ella supponga) è stata una mia solenne traveggola#6; ma mi son valuto del vecchio copista della Corte#7, che mi ha servito quarantasei anni, che è esattissimo, accostumato alla mia ortografia, e che cedendo agli anni, non è più in istato presentemente di comandare alla sua mano, se non se con istento et incertezza. Ha ceduto alle mie preghiere, e questa mattina il signor principe Kewiniller#8 avrà, come ella desidera, il bellissimo di lei componimento#9
          È molto giusto e lodevole il desiderio di fornir di un ornamento distinto la raccolta ch’ella medita, consacrandola alla nostra augustissima#10, e spero che il merito dell’autore, l’interposizione del maggiordomo maggiore#11, del conte di Rosemberg#12, del conte Cammillo Colloredo#13, e di tanti suoi fautori et amici, supereranno le difficoltà della Corte, che per evitare il torrente delle dediche, da lungo tempo in qua persiste a non accettarne alcuna. Malgrado la poca attività dell’annosa mia macchina a correre appresso a’ pianeti erranti, spero di vedere il conte di Rosemberg prima della sua partenza; se la mia speranza fosse vana, già mi ha promesso il signor baron di Hagen#14 di fare appresso di lui le mie veci per lei. Le rendo nuovamente grazie di tutte le sue affettuose parzialità, e sono secondo il solito

Vienna 13 aprile 1776 

Di Vostra Signoria Illustrissima
Divotissimo Obbligatissimo Servitore Vero et Amico
Pietro Metastasio

Inno alla Luce, in quartine di ottonari (legate in coppia dalla rima tronca al quarto verso) «O primiera illustre figlia», in Poesie Varie dedicate alla Santità di N. S. Papa Pio VI dal Conte Daniele Florio udinese […], Parte prima, Udine, Fratelli Gallici, 1777, pp. 211-219.

La figlia di Gertrude e di Josep Figuerola y Arguillol, nipote di monsignor Perlas: cfr. lett. a Florio, 26 aprile 1766.

Giuseppe Martinez, amico di M. fin dai tempi di Napoli; cfr. lett. a Florio, 29 marzo 1775.

Carl Boromeus Martinez (n. 1735). Carl Boromeus studiò diritto canonico e civile, nel 1770 entrò nella Cancelleria della Corte Boema ed austrica; per il suo zelo e le sue capacità nel 1772 fu nominato Concepista. Su di lui, cfr. Irving Godt, Marianna in Vienna: A Martines Chronology, «The Journal of Musicology», 16, 1, 1998, pp. 136-158.

Marianna Martinez (n. 1744), autrice di cantate, sonate, mottetti; era stata ammessa nel 1773 alla celebrata Accademia Filarmonica di Bologna; poi visse sempre in Vienna, dove pur senza un ruolo ufficiale partecipò attivamente alla vita musicale della Corte godendo del favore dell’Imperatrice. Su di lei, sulla sorella Antonia e i quattro fratelli (Joseph, Dionysius, Carl Boromeus, Johann Baptist), cfr. Irving Godt, Marianna in Italy: The International Reputation of Marianna Martines (1744-1812), «The Journal of Musicology», 13, 4, 1995, pp. 538-561; e Marianna in Vienna: A Martines Chronology, «The Journal of Musicology», 16, 1, 1998, pp. 136-158. 

traveggola: svista (raro l’uso al singolare).

Giuseppe Ercolini, di cui, all’indomani della morte, nel 1781, scriveva a Giuseppe Pezzana: «Questa cura mi ha molto incomodato per la perdita del mio pratico amanuense, che dopo cinquant’anni di assidua assistenza mi ha abbandonato pagando il comun debito dell’umanità» (Brunelli, V, pp. 692-693, n. 2585).

Johann Joseph von Kevenhüller (1706-1776), dal 1742 Maggiordomo maggiore di corte, dal 1763 «principe dell’Impero» (con aggiunta del cognome Metsch): cfr. lett. di Florio a M. del 4 novembre 1757.

L’ode sulla luce.

Si riferiva certamente al Canzoniere austriaco, che Florio avrebbe voluto dedicare a Maria Teresa, forse mosso dall’ambizione di vedersi riconosciuto il ruolo di cantore ufficiale delle glorie degli Asburgo.

Il Kevenhüller.

Franz-Xaver-Wolfgang von Orsini-Rosenberg, Gran Ciambellano, poi Ministro di Conferenza, infine Principe: cfr. lett. di M. a Florio del 18 marzo 1776.

Camillo IV conte di Colloredo (1712-1797), Cavaliere di Malta e del Toson d’Oro, Capitano dei Corazzieri del reggimento maltese, Consigliere intimo dell’Imperatore Francesco I e dell’Imperatrice Maria Teresa.

Il barone Johann Hugo II von Hagen (1707-1791), allora vicepresidente del Consiglio imperiale; membro della ‘Triplice alleanza’, insieme a M. stesso e al conte di Canale; cfr. lett. del 4 dicembre 1771 a Florio; e lett. a Agostino Gervasi del 10 ottobre 1771: «coi quali, meco perfettamente concordi di genio, di costumi e di opinioni, passo tranquillamente, rivolgendo le antiche carte, alcune ore d’ogni giorno, spesso con profitto e sempre senza rimorso» (Brunelli, V, pp. 109-111, n. 1962).