Vienna, [post 14 agosto 1776]
                                    

Illustrissimo Signore Signore e Padrone Colendissimo

Dopo aver prolissamente risposto all’antecedente di vostra signoria Illustrissima me ne giunge un’altra con un superbo sonetto in onore e gloria mia#1. E quale accesso mai d’estro poetico l’ha spinta, mio caro signor conte, dopo quaranta e più anni di tenera e vera amicizia#2, ad andar tentando di vanità un povero seguace d’Apollo, che ha già deposta la logora et annosa sua lira? E con preziosi incensi da offrirsi unicamente ai luminosi figli della Fortuna? Dio gliel perdoni. S’io per le ragioni che nell’altra mia le spiegai non avessi perduto l’arbitrio di chiamare al mio soccorso le Muse se non se per l’esecuzioni degli ordini sovrani#3, procurerei forse di vendicarmene con un altro sonetto; ma son ben contento della legittima scusa che mi libera dallo svantaggioso paragone, e specialmente con queste armi corte, ch’io non sono usato a trattare#4. In mezzo per altro alla mia collera, cedo alla tenerezza che in me risveglia l’amabile cagione che ha risvegliata a favor mio la sua Musa, e glie ne professo una grata et affettuosa corrispondenza.
           La signora contessa Figuerola#5 è sensibilissima all’obbligante fiducia che vostra signoria illustrissima dimostra nella di lei prontezza a servirla, ma ella è di famiglia spagnuola, e non ha attinenza di sorte alcuna né con Napoli, né con Sicilia, onde è affatto inabile ad esserle utile nel noto affare#6. Io non ho tempo di dilungarmi, onde perdoni se in fretta mi confermo

Il suo Divotissimo Obbligatissimo Servitore et Amico 
Pietro Metastasio
 

Probabile che si riferisca al sonetto del Florio «Passò l’orrido verno, e la procella», che prendeva spunto dall’ode di M. su Schönbrunn, «Come, Euterpe, al tuo fedele».

L’amicizia datava dal 1734.

Si riferisce alla lettera del 14 agosto 1776 e all’ode sulle delizie di Schönbrunn («una mia ode scritta sulle delizie di Schönbrunn, per clementissima insinuazione, più efficace di qualunque preciso comando, dell’Augustissima Padrona»).

Cfr. lett. a Florio del 20 agosto 1757: «Per altro il sonetto non è la mia propensione: io mi corico di mala voglia su questo letto di Procuste; et è miracolo quando n’esco con l’ossa sane».

Francesca, la figlia di Gertrude e di Josep Figuerola y Arguillol, nipote di monsignor Perlas: cfr. lett. a Florio del 26 aprile 1766.

Forse da intendere nel senso che la contessa Figuerola non poteva agire su queste corti perché facessero pressione su Vienna e su Maria Teresa, ai fini dell’accoglimento dell’istanza del Florio (il «noto affare»), di ottenere il consenso a dedicarle il Canzoniere austriaco.