Vienna, 2 febbraio 1781

Illustrissimo Signore Signore e Padrone Colendissimo

Ieri il tenente signore conte Micheli mi comparve improvvisamente in camera, benemerito portatore e de’ cordiali saluti e del prezioso dono del nitido volume delle Rime Sacre, e Morali del mio sempre eguale a se stesso, dilettissimo et impareggiabile signore conte Florio#1. La sorpresa mi ricolmò di contento, nel mio lungo e noioso arresto in casa, in cui mi tiene ancora la scrupolosa cura del mio Esculapio#2, che non permette a me, benché da più giorni restituito allo stato di salute ch’io godeva quando mi assalì la violenta sofferta risipola#3, non permette (dico) ch’io esponga la mia non atletica machinetta, assuefatta da tanto tempo al benigno tepore delle mie camere, all’ostinato rigore che regna in quest’aria ventosa, conservato da’ ghiacci e dalle nevi che tuttavia ne circondano. Ma mentre io scrivo, veggo il sole che inaspettatamente ci rallegra e mi promette vicina la mia libertà.
          La mia impazienza non mi ha permesso di differir la lettura del volume inviato, e ne ho già scorso per ordine un tratto considerabile, nel quale ho ammirato come ella abbia saputo accordar la gravità di così sublime ed astratta materie con l’armonica vivacità e gentilezza poetica a lei famigliare. Ma particolarmente nella canzone dell’immortalità dell’anima#4 ha ella superata se stessa. La mia fretta mi ha già condotto alla pagina 102 del tomo, ma dopo avere appagata la mia impaziente curiosità, mi propongo la repetizione, anzi l’accrescimento del piacere, in una più comoda e considerata lettura. Me ne congratulo con esso lei e con me stesso, che quando si tratta della sua gloria parmi d’esserne a parte.
          I tre nuovi sonetti#5 sono degni fratelli de’ due loro precursori, de’ quali vostra signoria illustrissima antecedentemente mi provide. Io ne farò il medesimo uso che degli altri feci, perché sia resa loro la dovuta giustizia. 
          Duolmi al sommo di non poter conferir dal canto mio a procurare a’ miei poveri lavori poetici l’onorato alloggio al quale la sua parzialità li destina. È vero che l’editor di Parigi#6 mi ha offerto tanti esemplari della sua ristampa#7 quanti io ne desiderassi; ma io non ho creduto di dover accettar l’offerta, che potrebbe parer pagamento di due volumi di cose inedite ch’io gli ho mandati in dono.
          Si conservi gelosamente, non cessi di riamarmi, e mi creda con la grata et ossequiosa stima a lei da me a tanti titoli dovuta

Vienna 2 febbraio 1781 

Di Vostra Signoria Illustrissima 
Divotissimo Obbligatissimo Servitore Vero
Pietro Metastasio

 

Rime sacre, e morali alla Santità di N. S. Papa Pio VI, dedicate dal Conte Daniele Florio Ciambellano delle LL. MM. II. RR. AA., Udine, Fratelli Gallici, 1777.

mio Esculapio: mio medico.

Un'infezione acuta della pelle (cfr. lett. di M. a Florio del 10 gennaio 1781).

La canzone di 8 strofe di endecasillabi «Alma, che gemi e senti», in Rime sacre, e morali, cit., pp. 42-46.

Ancora per la morte di Maria Teresa, tutti poi editi in Alcune poesie in morte di sua maestà la imperadrice regina Maria Teresa del conte Daniele Florio ciambellano di S. M. I. R. A., Gorizia, Valerio de Valeri, 1782; cfr. B, nota a c. 8r: «La sudetta Canzone cogl’accennati Sonetti fu stampata in Gorizia col titolo di Poesie in morte dell’Imperatrice Maria Teresa».

L’abate Giuseppe Pezzana, curatore della nuova edizione delle Opere di M. in 12 volumi che si andava pubblicando a Parigi: cfr. lett. a Florio del 30 aprile 1777.

ristampa: in realtà, una nuova edizione.
 

improvvisamente ] improvisamente B
dono ] omette, errore B
dell’anima ] omette B
del tomo ] omette B
repetizione ] ripetizione B
de’ ] dei B
loro ] omette B
Duolmi … in dono ] omette B
Divotissimo … Pietro Metastasio ] omette B