A Leopoldo (Roma)

Vienna 23 febbraio 1737 

Fratello Carissimo

Vi può mai cader in mente che le due opere da me concertate siano nuove e mie?#1 E quando avrei potuto immaginarle, non che scrivere? Dopo terminato il Temistocle#2 son rimasto così stanco che né pure ho voluto addossarmi il solito annuo peso dell’oratorio#3. Pur troppo dovrò ormai cominciare a preparar materiali per le due opere dell’anno corrente#4; pensiero che mi amareggia anche il presente riposo.      

          Mi pare di respirare quando sento l’esattezza con la quale mi favorisce il mio caro signor Peroni#5, et il buon cuore con cui lo fa. Perciò non posso mai insinuarvi abbastanza di assisterlo, servirlo, e fargli comprendere a qual segno io me gli credo tenuto. Non gli scrivo ogni ordinario per le medesime ragioni per le quali egli ancora se ne astiene, dove la necessità non lo richieda. Dategli mille abbracci per me.

          M’affliggerebbe che il signor Domenico incontrasse intoppi considerabili nella sua lite#6, e mi affliggerebbe sensibilmente: se voi senza mischiarvi seco#7, potete essergli utile, non tralasciate di farlo: s’egli lo merita, si dee quest’opera a lui: e se non lo merita, a noi. Qui non entra affatto l’esame della sua gratitudine: questa non ha avuto parte fra i motivi di beneficarlo, né deve averne fra le cagioni d’assisterlo. Io lo credo gratissimo, e se non lo fosse desidererei di potermi vendicare con nuovi beneficii. Spero che abbiate anco voi i sentimenti medesimi, e credetemi che son buoni non meno per questa che per l’altra vita. Domandate per me la sua benedizione a mio padre. Salutate tutti di casa, e credetemi sempre 

il Vostro Affezionatissimo Fratello Pietro Metastasio
 
[P.S.] Domenica si pubblicherà qui la pace#8 con un solenne Te Deum.

M. si riferisce a due «opere» di altro autore che aveva di recente «concertato» (ne aveva cioè curato l’allestimento e la messa in scena) e che Leopoldo, erroneamente, riteneva composte dal fratello: la mansione di metteur en scène di opere proprie e altrui rientrava tra le competenze del poeta di corte, e ad essa M. era abituato fin dagli anni italiani (cfr. Rosy Candiani, Pietro Metastasio da poeta di teatro a “virtuoso di poesia”, Roma, Aracne, 1998, pp. 152, 247, 257-261, 266). Stando ai repertori disponibili (cfr. Franz Hadamowsky, Barocktheater am Wiener Kaiserhof. Mit einem Spielplan (1635-1740), Wien, Verlag A. Sexl, 1955, p. 114, e Claudia Michels, Opernrepertoire in Wien um 1740. Annäherungen an eine Schnittstelle, in Elisabeth Fritz-Hilscher (ed.), Im Dienste einer Staatsidee. Künste und Künstler am Wiener Hof um 1740, Wien-Köln-Weimar, Böhlau, 2013, pp. 125-158: 151) le due «opere» in questione potrebbero essere l’Alessandro in Sidone (tragicommedia per musica su libretto di Zeno e Pariati e musica di Bononcini, rappresentata a corte il 6 febbraio 1737 in occasione del carnevale) e, più dubitativamente, la Diana vendicata (festa teatrale su libretto di Pasquini e musica di Reutter, rappresentata il 25 novembre 1736 per l’onomastico dell’imperatrice Elisabetta). Ringrazio Raffaele Mellace e Andrea Sommer-Mathis per il prezioso aiuto nella compilazione di questa nota.

Nella lettera a Leopoldo del 29 settembre 1736, M. aveva confidato al fratello il grande impegno richiesto dalla composizione del Temistocle (rappresentato per la prima volta a corte il 4 novembre 1736, su musica di Antonio Caldara), ultima fatica di un anno molto impegnativo, in cui M., «affetto da un’inguaribile pigrizia, fu costretto a stendere ben tre opere […]: Achille in Sciro per il matrimonio di Maria Teresa, Ciro riconosciuto […] per il compleanno dell’imperatrice Elisabetta» e, appunto, il Temistocle «per l’onomastico di Carlo VI» (Anna Laura Bellina, I drammi per musica, in Pietro Metastasio, Drammi per musica, I, Il periodo italiano 1724-1730, a cura di A. L. Bellina, Venezia, Marsilio, 2002, p. 12).

Gli oratori sacri, rappresentati nella cappella di corte in occasione della Quaresima, costituirono uno dei principali impegni di M. durante il primo decennio viennese (1730-1740): il librettista compose un oratorio ogni anno dal 1730 al 1735 (La Passione di Gesù Cristo, 1730; Sant’Elena al Calvario, 1731; La morte d’Abel, 1732; Giuseppe riconosciuto, 1733; Betulia liberata, 1734; Gioas re di Giuda, 1735), interrompendone poi la produzione fino al 1740, quando vide la luce l’Isacco figura del Redentore, ultimo esemplare della serie (cfr. Pietro Metastasio, Oratori sacri, a cura di Sabrina Stroppa, introduzione di Carlo Ossola, Venezia, Marsilio, 1996).

Sempre a Leopoldo, il 16 marzo seguente, M. racconta di aver ricevuto dall’imperatore «l’ordine» di comporre «due opere» entro il «venturo agosto» (cfr. inoltre a Mattia Damiani, 15 giugno 1737). Per Brunelli questi due drammi «non furono poi finiti o, se ultimati, non vennero rappresentati» (III, p. 1201): si può ipotizzare che uno dei due sia la Zenobia, opera per cui M. approntò nel 1737 un libretto destinato a essere musicato da Giovanni Bononcini, ma la cui rappresentazione, prevista per il compleanno dell’imperatrice (28 agosto), fu cancellata per ragioni sconosciute; la Zenobia calcò infine la scena nel 1740, sempre per il genetliaco della sovrana, ma con musiche di Luca Antonio Predieri (cfr. Otto G. Schindler, Vom bôhmischen Schneider zum Impresario des Kaisers: Johann Wolfgang Haymerle, Metastasios erster «Opera-Meister zu Wien», in Pietro Metastasio uomo universale (1698-1782), heraugegeben von Andrea Sommer-Mathis und Elisabeth Theresia Hilscher, Wien, Verlag der Osterreichischen Akademie der Wissenschaften, 2000, pp. 73-114: 104; e inoltre Raffaele Mellace, L’autunno del Metastasio. Gli ultimi drammi per musica di Johann Adolf Hasse, Firenze, Olschki, 2007, p. 87, nota 172).

Giuseppe Peroni (cfr. la scheda biografica dedicata a questo corrispondente). Nella più recente epistola a lui indirizzata (5 gennaio 1737) M. lo aveva ringraziato per le informazioni circa le nuove nozze di Domenico Bulgarelli (cfr. infra) e per l’attenzione con cui si interessava alle sorti del fratello Leopoldo.

La lite giudiziaria in cui fu coinvolto Domenico Bulgarelli (vedovo di Marianna), e nella quale, almeno per un certo periodo, rimase invischiato lo stesso M. (cfr. al cardinale Antonio Saverio Gentili, 17 marzo 1736; a Leopoldo Trapassi, 15 ottobre 1735 e note; Antonio Costa, La lite misteriosa, in Pagine metastasiane dal carteggio con il fratello e da altre lettere inedite tratte dai codici viennesi, Milano [etc.], Sandron, 1923, pp. 89-92). Qui si allude forse a possibili complicazioni nella vertenza causate dalle seconde nozze del Bulgarelli (cfr. a Leopoldo Trapassi, 9 dicembre 1736: «Il matrimonio del Signor Domenico non so quali conseguenze sarà per avere; ma non dubito che […] egli avrà maturamente pensato a’ casi suoi»).

M. aveva constatato che, dopo lo scontro verificatosi tra il fratello e Bulgarelli, causato dalle seconde nozze di quest’ultimo, sarebbe stato impossibile ogni «commercio» tra i due (cfr. a Leopoldo Trapassi, 9 dicembre 1736).

Il 15 febbraio 1737 Francesco Stefano di Lorena, fresco sposo di Maria Teresa d’Austria, aveva sottoscritto l’atto di cessione del ducato avito della Lorena a Stanislao Leszczyński (già pretendente al trono di Polonia), ottenendo come contropartita il Granducato di Toscana. Questo accordo, assieme ad altri atti preliminari, rese possibile la successiva stipula del trattato di pace di Vienna (18 novembre 1738), che pose fine ufficialmente alla guerra di successione polacca (cfr. Paolo Alatri, L’Europa delle successioni (1731-1748), Palermo, Sellerio, 1989, p. 75).

Domenica… Te Deum ] margine sinistro A