Al Signor Calzabigi (a Parigi) da Vienna 20 Xbre

Rispondo più tardi di quello che avrei voluto alla cortese lettera del mio Signore Calzabigi del 15 dello scorso novembre, perché l’affare ch’egli in essa mi propone esige riflessione, e non ammette alcuna fretta#1. Or dopo i brevi, ma sinceri rendimenti di grazie ch’io sono in debito di fargli, per le obbliganti, ufficiose espressioni con le quali egli così parzialmente mi onora; eccomi a fare, et a dir per lui tutto quello che concede la difficoltà della materia ch’Ei mi propone.

Fra le molte edizioni delle Opere mie#2, delle quali (forse in castigo de’ miei peccati) è stato inondato il pubblico, non ve n’ha né pure una fatta sotto gli occhi dell’autore e che però non abbondi di gravi, e vergognosi errori#3. A quelli del primo ha sempre aggiunti i suoi il secondo stampatore: a quei del secondo il terzo: e con questo progresso di peggioramento la cosa è ridotta a segno così deplorabile, che per cura di salute, io mi guardo come da gravissimo disordine dall’aprire qualunque nuova impressione delle opere mie che mi venga sventuratamente presentata#4. Da tutto ciò è assai chiaro ch’io stesso non saprei quale delle antiche proporre per esempio alla nuova edizione#5 perché in questa si trovassero unicamente gli errori miei senza l’aggiunta degli altrui. Converrebbe, per far cosa lodevole ch’io prendessi per mano una delle note ristampe: che pagina per pagina, anzi verso per verso andassi attentamente correggendo lo stampatore, e me stesso: ch’io di ciò formassi un nuovo originale, e che di questo finalmente io mandassi al Signor Gerbault#6 una fedelissima copia. Or questa operazione suppone tempo, e pazienza, a cui può malagevolmente accomodarsi l’interesse di cotesto editore e le mie occupazioni#7. Pure per corrispondere in quanto io possa alle cortesi cure e del mio Signore Calzabigi e di codesto Signor Gerbault, eccovi in primo luogo due stampe d’un mio ritratto#8 che fin’ ora è il men satirico#9 che mi sia stato applicato#10. Eccovi in oltre un fedel catalogo#11 di quanto è stato fin’ ora pubblicato di mio. Dico di mio, perché lo stampatore veneto#12, nella sua ottava, e nona ristampa del 752 mi ha generosamente attribuito alcune cantate, e canzonette d’autori incogniti, a’ quali io non vorrei per cosa del mondo usurparne la gloria#13. Quanto all’ordine de’ componimenti#14 io non terrei che il seguente. Destinerei a ciascun volume quattro, o cinque opere al più#15: e le accompagnerei con alcuni di quei componimenti drammatici che si trovano nel catalogo sotto i nomi di Feste o d’Oratori#16. Tutto ciò ch’è drammatico va bene insieme: i lettori, et io più di loro curo pochissimo la pedanteria cronologica#17: e serbando il tenore ch’io suggerisco riusciranno i volumi tutti di mole eguale#18, potendo lo stampatore destinare a ciascuno de’ medesimi, a seconda della mole che si propone maggiore o minor numero de’ drammatici componimenti suddetti e più lunghi, o più brevi, che ve n’ha d’ogni fatta#19. Dopo tutte le poesie drammatiche sarei di parere che seguissero le liriche#20: cioè a dire le cantate, i sonetti, le canzonette e gli epitalami. E finalmente relegherei al fondo dell’ultimo volume quelle poesie ch’io scrissi nella mia infanzia alle lettere, e che nella prima edizione in quarto di Venezia si trovano nel terzo tomo raccolte sotto nome d’aggiunta#21, con un#22 avvertimento al lettore che lo informava e del tempo in cui furono scritte, e del mio sensibile rincrescimento nel vedermele pubblicare a mio dispetto#23. V’è fra queste una tragedia, intitolata il Giustino non solo scritta da me, e pubblicata in età di poco più di quattordici anni: ma composta per precetto del mio Maestro sullo stile del Trissino, servile imitatore d’Omero#24. Onde e si risente dell’immaturità dell’autore, e della languidezza del suo prototipo. Se il Signor Gerbault volesse nella sua ristampa trascurare i componimenti che formano cotesta maledetta Aggiunta#25, mi farebbe cosa carissima: ma perché giustamente temo che egli non vorrà con questa mancanza render la sua inferiore alle altre edizioni#26; lo prego almeno di raccoglierle tutte insieme, cacciarle al fondo dell’ultimo volume, et informare i lettori delle circostanze che servon loro di scusa#27.

Ho ridotto la Didone, e la Semiramide in forma di cui sono molto più contento#28 che di quella con la quale hanno corso i teatri d’Europa fin’ora. Ho parimenti aggiunto un quarto personaggio ad una festa intitolata Componimento drammatico che introduce ad un ballo cinese e con questo riesce a mio credere più compiuto#29. Son pronto a comunicar tutto ciò al Signor Gerbault: purché Egli destini in Vienna chi abbia cura di farne far le copie, e quella di trasmetterle#30.

Sarà ben comica#31 la sedizion musicale che hanno prodotta in Parigi cotesti nostri attori italiani#32. Io mi figuro una gran parte degli amabili eccessi della vivacità francese#33. Ma non vorrei che insieme co’ nostri pregi adottassero i nostri difetti. A parlar sinceramente gl’Italiani in gran parte per far soverchiamente pompa dell’abilità del canto#34, della quale a distinzione delle altre nazioni gli ha forniti la natura#35; si sono non solo dimenticati d’imitarla; ma trascorrono assai spesso sino ad opprimerla#36.

Per non essere ingrato alla gentilezza vostra, è tempo di liberar la vostra pazienza, esercitata abbastanza in una sì poco discreta#37 lettera. Comandatemi dunque e credetemi con la dovuta stima etc.

 

Al … Xbre] Al Signor Calzabigi / Da Vienna a Parigi. 20 Decembre 1752 B

alcuna] aggiunto in interlinea B

può] puo B

codesto] cotesto B

752] 1752. B

o] e B

mio] aggiunto in interlinea B

 pubblicare] pubblicate B

del] di corretto in del B

e] e corretto in èi B

che egli] ch’egli B

con] in corretto in con B

la quale] le quali B

 parimenti] parimente B

 destini] distini corretto in destini B

del canto] aggiunto in interlinea A

a] à B

 

molte edizioni delle Opere mie: all’altezza del dicembre 1752 effettivamente le opere sia poetiche sia, soprattutto, per la natura stessa del genere, specificamente melodrammatiche di Metastasio sono già state oggetto di un’attenzione editoriale intensa, e divenuta così ampia da risultare per lo scrittore ingovernabile (si ricordi che la primissima edizione di testi di Metastasio è pubblicata, lui diciannovenne, a Napoli, nel 1717: Poesie di Pietro Metastasio romano, In Napoli, Nella Stampa di Michele Luigi Muzio, 1717). La prima e significativa impresa precedente a quella di Calzabigi e oggetto di numerose ristampe, come Metastasio stesso qui specifica (cfr. infra), è la stampa promossa e curata dall’editore veneziano Giuseppe Bettinelli, articolata in cinque volumi e pubblicata tra il 1733 e il 1745: Opere drammatiche del Sig. Abate Pietro Metastasio romano poeta cesareo (sulla quale cfr. le citate Lettere a Giuseppe Bettinelli). Accanto e oltre a questa edizione delle Opere, la prima e a questa data l’unica autorizzata dall’autore, a testimonianza del grande fervore editoriale che circondava la produzione del poeta, si possono ricordare alcune riedizioni e ristampe, quali ad es., per l’arco cronologico in oggetto, quella romana del 1737 curata da Pietro Leoni (Opere drammatiche oratorj sacri, e poesie liriche del Signor Abbate Pietro Metastasio Romano Poeta Cesareo divise in sei volumi Ne’ quali si contiene quanto à fin’ ora dato alla luce l’autore, In Roma, a spese di Pietro Leone libraro a Pasquino all’insegna di S. Gio. di Dio, per Giovanni Zempel), quella milanese degli anni 1748-1756, per i tipi di Giuseppe Cairoli, e quella nuovamente romana del 1751, per i tipi di Carlo Giannini (entrambe ristampe dell’edizione Bettinelli, intitolate Opere drammatiche, oratorj sacri, e poesie liriche del Signor Abate Pietro Metastasio Romano Poeta Cesareo divise in otto volumi Ne’ quali si contiene quanto à finora dato alla luce l’Autore). Per una consultazione parziale o completa dei volumi di queste edizioni rimando al sito «HuthiTrust Digital Library», [Online], consultato il 10 agosto 2023. URL: https://www.hathitrust.org/.

Quanto all’ordine … trasmetterle: questa lunga sezione dell’epistola costituisce l’ipotesto di un’altra lettera di medesimo tenore che Metastasio scrive pochi mesi dopo, in data 26 luglio 1753, da Vienna, a Tommaso Filipponi, segretario dell’Università di Torino e promotore dell’edizione delle opere metastasiane per i tipi della Stamperia reale, curata dallo stampatore «Rabi» e pubblicata nel 1757. È da notare la piena sovrapponibilità d’impianto delle due missive, che, mutatis mutandis, per pratiche contingenze, sono una la vera e propria copia dell’altra: «Il signor Rabi poi destinerà a ciascun volume le opere ed i componimenti drammatici, così sacri come profani, a proporzione della mole de’ tomi, i quali con questa mistura di lunghi e corti potranno agevolmente rendersi eguali. L’ordine, in somma, che dee tenersi è il seguente: tutte le poesie drammatiche sacre o profane, lunghe o brevi debbono aver luogo ne’ primi volumi, di modo che ciascun volume contenga quattro o cinque opere al più; qualche oratorio, qualche festa, o altro di drammatico, che basti a compiere la mole del primo volume, e senza cura di cronologia, che non importa né all’autore né a’ lettori. Debbono dopo di queste immediatamente aver luogo le poesie liriche, cioè le cantate a solo, i sonetti, le canzonette, e finalmente quello che sotto nome d’aggiunta ha pubblicato lo stampator veneto Bettinelli nel terzo volume della sua impressione in quarto, cioè quello ch’io aveva scritto in età immatura, anzi puerile, come la tragedia del Giustino. Avvertite che questa maledetta aggiunta sia stampata dopo tutto il resto; che sia prevenuta dalla protesta dello stampator veneto, e che sopra ciascuna pagina (siccome nelle opere si stampa Atto i, Atto ii, ecc.) vi si ponga Aggiunta, affinché chi apre a caso non attribuisca all’età matura le mie puerilità. Ho ridotte in miglior forma la Didone, l’Adriano e la Semiramide. Ho aggiunto un quarto personaggio al Ballo cinese. Ho scritta una Festa per Madrid, intitolata L’isola disabitata. Ho raccolte le mie cantate, correggendo le storpiate dagli stampatori, aggiungendone delle inedite ed escludendo quelle che m’hanno attribuite. Tutto ciò non ho dubbio di comunicare al signor Rabi; ma egli bisogna che destini in Vienna persona che s’incarichi di far fare le copie e trasmetterle» (cfr. Lettere, iii, pp. 845-846).