Al Signore De’ Calzabigi (a Parigi) da Vienna 9 Marzo 754.#1

Non han poco solleticata la mia vanità gentilissimo Signore de’ Calzabigi le notizie così dell’elegante ristampa di tutti i poetici scritti miei, che si è costì recentemente intrapresa; come quella della faticosa cura che vi è piaciuto addossarvene. Argomentando io (come tutti pur troppo facciamo) a favor di me stesso; mi lusingo che l’intrapresa ristampa delle opere mie ne supponga costì le richieste#2: che quelle ne promettano fautori#3: e che possan questi procurar forse loro il voto#4 di cotesta colta, ingegnosa et illuminata nazione: voto a cui non ha fin’ ora ardito di sollevarsi la mia speranza se non quanto ha bastato per non perderne il desiderio. Il trovarsi poi la direzione e la cura di questa impresa fra così esperte, et amiche mani come le vostre#5, mi assicura ch’io dovrò arrossirmi in avvenire unicamente de’ propri errori: e non più di quelli, che, mercé la vergognosa trascuratezza degl’impressori inondano le numerose edizioni, con le quali mi ha fin’ ora la nostra Italia non so se perseguitato, o distinto#6.

Benché la mia paterna tenerezza#7 possa tranquillamente riposarsi sulla affettuosa tutela che voi assumete de’ figli miei, sarebbe pur mio non men debito che desiderio il sollevarvi in parte dal grave e noioso peso di cui l’amicizia vi ha caricato: e non ricuso di farlo, quanto le altre mie inevitabili occupazioni, le ineguaglianze di mia salute#8, e la nostra distanza consentono.

S’egli è vero che un salubre consiglio sia considerabile aiuto, io comincio utilmente ad assistervi, avvertendovi di non abbandonarvi alla fede delle venete impressioni, senza eccettuarne la prima in quarto pubblicata l’anno 1733, alla quale la superiorità ch’essa ha pur troppo conservata su le molte sue sconce seguaci, non basta per autorizzarla all’impiego di mediocre esemplare#9: sono andate queste d’anno in anno miseramente peggiorando: sino all’eccesso di presentare al pubblico sotto il mio nome, ma senza l’assenso mio cantate e canzonette ch’io, o non ho mai sognato di scrivere, o che ho durata gran pena a riconoscere: tanto mi son esse tornate innanzi storpie, malconce e sfigurate#10. L’edizioni poi di Roma#11, di Napoli#12, di Milano#13, di Piacenza#14, e tutte quelle in somma che fin qui sono uscite da’ torchi d’Italia derivano dalle prime di Venezia: et aggiungono al proprio, tutto il limo della fangosa sorgente#15. Per assicurarvi dovrei intraprendere una generale correzione di tutti gli scritti miei, e trasmettervene poi esattissima copia: impresa per la quale manca il tempo a me di compirla, come quello a voi d’aspettarla#16. Convien dunque ch’io mi riduca ad avvertirvi unicamente di quei pochi errori che per l’enormità loro hanno conservato sito nella mia memoria: e che confidi poi, e raccomandi alla dottrina, alla diligenza, et alla amicizia vostra#17 la ricerca e la riforma#18 degl’altri. Chi sa ch’io non ritragga profitto da questa angustia medesima?#19 La vostra parzialità per l’autore#20 può farvi attribuir tal volta agl’impressori le sue mancanze, e procurare a lui rettificandole quel vantaggio, di cui (se ne aveste saputa la vera origine) qualche vostro gentil riguardo#21 lo avrebbe per avventura fraudato.

Ma perché tutto il mio aiuto non si riduca a consigli: eccovi in primo luogo un correttissimo originale di mie cantate#22: o non pubblicate fin’ ora con le stampe, o vendicate affatto dalle ingiurie che da tante imperite mani hanno ormai troppo lungamente sofferte.

Eccovi in oltre le Cinesi altre volte impresse sotto il titolo di Componimento drammatico che introduce ad un ballo. Ma ora accresciute d’un personaggio, e perciò di maggior vivacità e d’interesse nella condotta#23: a segno di poter senza taccia di soverchia baldanza pretender qualche parte ne’ privilegi della novità#24.

Aggiungo a queste la mia Isola disabitata#25 dramma in cui mi sono particolarmente studiato#26 che l’angustia di una breve ora prescritta alla sua rappresentazione#27, non ne scemasse l’integrità#28. Questa benché ultimamente#29 pubblicata in Madrid, non si trova per anche inclusa nelle precedenti raccolte de’ miei componimenti#30.

Unisco all’antecedente quattro antichi miei drammi da me nuovamente riformati, e per mio avviso migliorati in gran parte. Son questi la Didone, L’Adriano, La Semiramide, e L’Alessandro#31 né quali ho creduto ora di riconoscere, o qualche lentezza nell’azione, o qualche ozio ambizioso negli ornamenti, o qualche incertezza ne’ caratteri, o qualche freddezza nella catastrofe: difetti che facilmente sfuggono all’inconsiderata gioventù#32: ma non ingannano così di leggieri quella maturità di giudizio che deriva dall’esperienza, e dagli anni: vantaggio che troppo ci costa per non farne buon uso.

Vi trasmetto finalmente un catalogo fedelissimo#33 di tutte le mie poesie di qualunque specie che han fin qui veduto la luce: e col consiglio di questo potrete voi sicuramente escludere come spurie dalla vostra, tutte quelle che in molte venete edizioni mi sono state con troppa generosità attribuite#34.

Avrei desiderato che non si trovassero nella ristampa parigina alcuni miei poetici componimenti che troppo si risentono della prima mia adolescenza: ma particolarmente la tragedia del Giustino, da me scritta in età di quattordici anni: quando l’autorità del mio illustre Maestro non permetteva ancora all’ingegno mio il dilungarsi un passo dalla religiosa imitazione de’ Greci: e quando l’inesperto mio discernimento era ancor troppo inabile a distinguer l’oro dal piombo in quelle miniere medesime, delle quali incominciava egli allora ad aprirmi appena i tesori#35. Ma preveggo che non vorrà cotesto editore render la sua, meno abbondante delle altre stampe: ammaestrato dall’esperienza che la mole, e non il peso decide assai comunemente del merito d’una edizione. Vi prego dunque se non potete risparmiarmi, di differirmi almeno quanto è possibile questo rossore, relegando agli estremi confini dell’ultimo volume tutti quei componimenti che sotto il nome d’Aggiunta furono dal Bettinelli nella sua prima edizione pubblicati#36: e non trascurando di far che loro preceda la mia cronologica difesa#37.

Non aspettate qui nuove proteste dell’infinita mia riconoscenza: né replicate preghiere che raccomandino alla vostra cura il credito degli scritti miei: so che non bastan le prime, e che non bisognano le seconde: onde mi ristringo a confessarmi etc.