Al Signor Giuseppe Bettinellli

Non è stata negligenza d’un ordinario in rispondere all’ultima lettera di vostra signoria ma piuttosto risoluzione d’assisterla con maggior cura nella sua ristampa, come dedurrà ella stessa dalle testimonianze che le accludo.
          La mia fortuna mi ha fatto qui rincontrare un soggetto molto letterato, il quale compassionando la mia impossibilità di assistere a questa novella impressione, a cagione delle mie continue ed inevitabili occupazioni, si è offerto di farlo egli, ancorché per le dignità che presentemente lo distinguono, non ami di comparir pubblicamente in tale affare#1. Egli ha già scritta la lettera al lettore, che le trasmetto#2. Ha già riveduto, e corretto l’Artaserse, e così farà di tutto il rimanente; onde il libro dovrebbe riuscire esattissimo#3. Tutto ciò ch’io ho scritto in Germania le sarà trasmesso similmente corretto sollecitamente#4. Ma le altre cose converrà ch’ella me le invii per la posta, ed io farò che sollecitamente le riabbia. E perché questa revisione non differisca l’opera, ella può cominciare dopo l’Artaserse a stampar le opere che le trasmetterò la settimana ventura, che saranno quelle che ho io scritte per questa corte, onde me le ritrovo in pronto#5. Ed è forse migliore quest’ordine dell’altro che avevamo stabilito; poiché per adescare i compratori è molto più a proposito che i meno deboli componimenti cadano prima sotto gli occhi a chi legge#6. Nella scorsa settimana ho terminata una nuova opera, la quale, così per mio parere, come per voto di tutti quei letterati, a’ quali l’ho comunicata, è senza contrasto la meno imperfetta di quante fin ora io ne abbia scritto: argomentando non già dal merito, ma dalla buona sorte delle altre mie fatiche, questa avrebbe a far per l’Italia maggiore strepito d’ogn’altra, onde, così per riguardo al lucro di lei, come al vantaggio del compatimento ch’io ne spero, parmi che non solo dovrebbe essere nella sua ristampa anche questa opera, ma se fosse possibile che comparisse fra le prime#7. Almeno non più in dietro del quarto o quinto luogo#8. Potrebbe forse dispiacerle di non averla così sollecitamente, poiché prima degli ultimi giorni del venturo agosto, ne’ quali si rappresenterà avanti a’ miei augustissimi padroni, non mi è permesso di comunicarne copia a veruno: ma se questa dispiacenza le nascesse dal timore d’esser prevenuto da altri, ella potrebbe deporla di buon animo. Poiché nessuno avrà certamente l’originale dell’opera, di cui le parlo, prima di lei. E poi qualunque altro stampatore voglia avventurarsi a questa impresa, le resterà sempre indietro, mancando di quelle assistenze di cui ella è munita.
          Ho io un mio ritratto similissimo, e d’eccellente mano, il quale penso di far intagliar in un rame, riducendolo con un fregio a proporzione del sesto del nostro libro. E se sarò contento dell’artefice, che lo intaglierà, lo trasmetterò a lei, acciò ne arricchisca la sua ristampa#9. Mi comandi, e mi creda 


Vienna 1 giugno 1733.
 

Si tratta di Giuseppe Riva, ministro del duca di Modena Rinaldo presso la corte imperiale viennese (1729-1737), nonché assiduo corrispondente di Muratori. Nel 1727 l’ambasciatore estense pubblicò a Londra un Advice to the Composers and Peformers of Vocal Musick, che l’anno seguente fu pubblicato in traduzione italiana con il titolo Avviso ai compositori, ed ai cantanti (Londra, Tomaso Edlin, 1728). Inserendosi nel dibattito sulla riforma del melodramma e sui rapporti tra poesia e musica, lo scritto discute la legittimità del teatro d’opera muovendo dagli «abusi» coevi dell’arte musicale e dal presupposto che «la composizione della musica vocale deve servire alle parole» (ivi, p. 4). Sulla figura del diplomatico modenese e sulla collocazione della sua attività nel campo della drammaturgia musicale settecentesca si rinvia, anche per la bibliografia pregressa, a Giulio Bertoni, Giuseppe Riva e l’Opera italiana a Londra, in «Giornale Storico della Letteratura Italiana», LXXXIX, 1927, pp. 317-324; Marta Lucchi, Da Modena all’Europa melodrammatica. I carteggi di Giuseppe Riva e carteggi varii, in Teatro e musica nel ’700 estense. Momenti di storia culturale e artistica, polemica di idee, vita teatrale, economia e impresariato, a cura di Giuseppe Vecchi e Marina Calore, Firenze, Olschki, 1994, pp. 45-78. Riva avrà modo di sottoporre le prove di stampa delle Opere drammatiche di M. anche a Monsignor Giuliano Sabbatini, che giunse a Vienna nel 1725 al seguito del figlio di Rinaldo d’Este, Gianfederico, diventando successivamente ambasciatore straordinario presso l’imperatore Carlo VI (cfr. a Giuseppe Riva, 8 agosto 1733: «Eccovi i fogli finora stampati in Venezia. Vedeteli e fateli vedere a monsignore […]»); su di lui si veda la voce di Matteo Al Kalak, Sabbatini, Giuliano, e le indicazioni offerte in Epistolari italiani del Settecento. Repertorio bibliografico, Verona, Edizioni Fiorini, 2004, pp. 514-515.
Si tratta della nota L’editore a chi legge, stesa da Riva e premessa alle Opere drammatiche del Sig. Abate Pietro Metastasio romano poeta cesareo. Volume primo, Venezia, Presso Giuseppe Bettinelli. Al Secolo delle Lettere, 1733, c. *iijr-v. In proposito si veda a Giuseppe Riva, 8 agosto 1733: «Ho bisogno che mi facciate anche il piacere di comunicare con monsignore [Giuliano Sabbatini] la lettera dello stampatore, e poi (non v’infastidite) che vi prendiate la pena di rispondergli a tenore di quello che concerterete col prelato».
L’Artaserse, che fu rappresentato per la prima volta a Roma al Teatro delle Dame durante il carnevale del 1730 (sulla rappresentazione romana cfr. la lettera a Marianna Bulgarelli Benti del 7 luglio 1731), aprirà effettivamente il primo volume delle Opere drammatiche del 1733, alle pp. 1-74.
M. allude qui alla produzione per la corte asburgica: cfr. Cronologia della vita e delle opere di M., in P. Metastasio, Tutte le opere, I, pp. XLVI-XLVII.
Nel primo volume delle Opere drammatiche, all’Artaserse seguiranno i libretti del periodo carolino: Adriano in Siria, pp. 75-147; Demetrio, pp. 149-225; L’Olimpiade, pp. 227-297; Issipile, pp. 299-358. A questi seguiranno due drammi ‘italiani’, Ezio (pp. 359-434) e Didone abbandonata (pp. 435-506).
Collocando in apertura del primo volume delle Opere drammatiche i libretti ‘viennesi’, M. vuole offrire un’immagine esemplare della propria produzione teatrale, più conforme possibile all’attività che lo vedeva impegnato in quegli anni nella corte di Carlo VI.
M. allude all’Olimpiade, rappresentata, con musica di Caldara, nel Giardino dell’Imperial Favorita il 28 agosto 1733.
Come richiesto da M., il dramma occuperà la quarta posizione nel primo volume delle Opere drammatiche (pp. 227-297).
Il ritratto ad acquaforte, collocato sull’antiporta dell’edizione bettinelliana delle Opere drammatiche […] volume primo (con iscrizione sul basamento, sotto l’ovale, che recita: Petrus Metastasius romanus Caroli Caesaris Augusti poeta), fu inciso da Andreas e Josef Schmuzer su disegno di Daniele Antonio Bertoli, disegnatore di camera di Carlo VI, ‘disegnatore teatrale’ (gli fu assegnato l’incarico di disegnare i costumi per il teatro di corte) e, dal maggio del 1731, ispettore e direttore della pinacoteca e della galleria imperiali. M. accennerà al ritratto anche nella lettera a Bettinelli del 25 luglio 1733.