Al Signor Giuseppe Bettinelli

La scrupolosa puntualità di vostra signoria nel serbar fede al pubblico, come tutte le cose eccessive, va contro il suo fine: poiché per troppa fretta servirà male il pubblico, e favorirà poco me#1. Già questa sua precipitazione le ha fatto dimenticare di togliere dalla lettera al lettore le parole «e di fissarne le regole», di che da tanto tempo, e con tanta efficacia la pregai, ed ella promise d’eseguire#2. Oltre a ciò non è stato possibile che la mancanza del rame, o la tardanza d’un libretto corretto abbia potuto trattenerla una settimana: qualunque svantaggioso espediente gli è paruto migliore di quello di differire otto giorni il principio dello spaccio#3. Presentemente, senza avermene prevenuto, pretende pronto un altro libro corretto: mi permetta, che con sincerità io le dica che questo è un affastellar le cose, con poca speranza di esattezza. Ella sa che tutto il mondo è un commercio, in cui si permuta scambievolmente la propria, con la merce degli altri. Ella è tenuta ad avere egual riguardo per l’onor mio, di quello ch’io dimostro per il suo interesse: ma sin ora (perdoni la sincerità) parmi che la nostra corrispondenza non intenda queste regole: e pure il disinteresse, col quale ho trattato seco lo meritava.
          Brevemente: sabbato le trasmetterò un altro libretto corretto, e sarà il Catone, con la mutazione quasi totale dell’atto terzo ch’ella potrà stampar nelle due maniere per distinguersi anche più dalle altre edizioni#4. Indi innanzi la servirò ogni settimana con qualche cosa di corretto, se vorrà aver pazienza, il che per altro spero poco.
          La prego di farmi capitare il più sollecitamente che sia possibile due esemplari del primo tomo, col ritratto, ed in buona carta, per presentarli agli augustissimi padroni#5. Si dia la pena di cercar qualche comodità opportuna, perché io possa adempire questo mio obbligo inevitabile con prontezza. Se poi vorrà favorirmi di qualche numero di copie a suo arbitrio, nella settimana ventura le comunicherò le strade che dovrà tenere perch’io le abbia, assicurandola ch’io ne farò tal uso ch’ella non risentirà danno per questo nella vendita del libro.libro.
          Scusi la franchezza poetica, con la quale le parlo: e mi creda egualmente sincero nell’offerta che le faccio dell’opera mia in quello che le piacerà comandarmi 

Vienna 17 ottobre 1733.

 

 

Si tratta della prima lettera in cui viene presa apertamente posizione contro Bettinelli, colpevole di aver pubblicato il primo volume delle Opere drammatiche senza ottemperare alle richieste e alle proposte di correzione di M., che lo invitava ad attendere alcuni giorni prima della stampa: «Ed alla fine, perché la cosa riesca bene, non è molto sconcerto ch’ella tardi un poco più a pubblicare il primo tomo» (a Bettinelli, 3 ottobre 1733). Il venir meno della stima verso il proprio editore culminò con il durissimo giudizio pronunciato in una lettera al fratello Leopoldo del 31 maggio 1756: «Il Bettinelli è un guastamestieri, ed ha tutte le lodevoli qualità de’ suoi pari, cioè tanto avido dello sporco e piccolo guadagno presente, quanto non curante del lodevole e grande futuro. È così rispettoso adoratore della verità, che, per non profanarla, si astiene al possibile di farne uso. Questo natural ritrattino rimanga fra noi».
 

Cfr. a Bettinelli, 4 luglio 1733.
 

Sulla «tardanza» del rame per il ritratto di M. destinato all’antiporta dell’edizione bettinelliana si veda la lettera a Bettinelli del 3 ottobre 1733.
 

Nel «volume secondo» delle Opere drammatiche (1733), al testo del Catone in Utica (pp. 149-228) segue una Mutazione dell’Atto terzo (pp. 229-241), preceduta da un Avviso per la mutazione che siegue in cui si legge: «Conoscendo l’autore molto pericoloso l’avventurare in iscena il personaggio di Catone ferito, così a riguardo del genio delicato del moderno teatro poco tollerante di quell’orrore che facea l’ornamento dell’antico, come per la difficoltà d’incontrarsi in attore che degnamente lo rappresenti, cambiò in gran parte l’atto terzo di questa tragedia. Et io spero far cosa grata al pubblico comunicandogliene il cambiamento». L’inserimento di questa seconda redazione da parte di M. è motivato dal fatto che, all’indomani della prima rappresentazione del dramma a Roma il 13 gennaio 1728 (da cui deriva la princeps romana del libretto presso Bernabò), il terzo atto divenne bersaglio di molte critiche, a causa del suo finale tragico, in evidente contrasto con la prassi melodrammaturgica dell’epoca. Anche nell’edizione Herissant delle Opere, M. volle pubblicare entrambe le redazioni secondo nuove direttive (la posposizione della prima redazione a quella seriore) eluse dal Pezzana; cfr. William Spaggiari, Giuseppe Pezzana e l’edizione Herissant, pp. 182-183, n. 43.
 

I due esemplari richiesti verranno recapitati a M. pochi giorni dopo; cfr. a Bettinelli, 7 novembre 1733.