A Leopoldo (Roma)

Vienna 12 settembre 1739

Fratello Carissimo

Il calore col quale voi declamate scrivendo contro il costume de’ tempi correnti, mi fa argomentare quel che farete parlando. Se la vostra eloquenza potesse introdurre una riforma, io vorrei espormi con voi al pericolo di urtar nell’ira de’ potenti, ma senza sperar di giovare né a se né ad altri, io non posso perdonarvi questa imprudenza. Cessate per l’amor di Dio di farmi sempre tremar per voi#1: riflettete che non siete il più infelice de’ viventi, se non quanto volete esserlo: pensate che potete errare ne’ vostri giudizii, e che quando ancor non erraste, la copia de’ conoscitori rende assai meschina la gloria della scoperta. Se poi l’abbondanza dell’atra bile#2 non vi soffre tranquillo, scatenatevi contro Newton, contro Cartesio, contro Aristotile, e gridate finché abbiate fiato. Fratel caro se mi amate, e se vi amate, pensateci. 

          Dite al signor Peroni#3 che non ho ricevuta la risposta dell’amico ch’egli mi accenna; che per l’affare di Centomani#4 mi trovo avergli scritto fin dall’altra settimana alla quale in tutto il resto mi rimetto. Abbracciatelo per me, e non gli parlate delle nuove d’Ungheria#5, come io non ne parlo con voi. So che vi sorprenderanno, e vi compatisco, ma noi che ignoriamo le cagioni non possiamo giudicar degli effetti. Procurerò di valermi a vostro vantaggio della notizia che mi avvanzaste intorno all’agenzia del principe di Bamberga#6. Saluto tutti di Casa, bacio la mano a mio Padre, v’abbraccio, e sono 

il Vostro Affezionatissimo Fratello Pietro Metastasio

 

Non è la prima volta che emerge la preoccupazione di M. per l’imprudenza di Leopoldo e per la sua attitudine a polemizzare contro l’«uso comune»: cfr. a Francesco D’Aguirre, 15 settembre 1725.
 

L’«atra bile», o bile nera, è uno dei quattro umori fondamentali della fisiologia ippocratica, considerato responsabile di stati d’animo quali la melanconia e l’ipocondria.
 

Giuseppe Peroni (cfr. la scheda biografica dedicata a questo corrispondente).
 

Si tratta verosimilmente dello stesso «Centomanni» nominato in due lettere a Marianna Bulgarelli (23 giugno 1731 e 14 giugno 1732), dove è indicato come tramite di pagamenti, forse legati a interessi di M. o della Bulgarelli stessa in quel di Napoli. Brunelli (III, p. 1189) lo identifica con Gaetano Centomani, «agente e informatore» (o più precisamente uditore di legazione) del re delle Sicilie a Roma: su di lui cfr. anche Bernardo Tanucci, Epistolario, vol. IX, 1760-1761, a cura e introduzione di Maria Grazia Maiorini, Roma, Edizioni di Storia e Letteratura, 1985, p. 7, nota 1.
 

M. si riferisce agli esiti della guerra russo-turca del 1735-1739, nella quale dal 1737 fu coinvolta anche l’Austria, alleata della Russia e schierata contro l’Impero Ottomano sul fronte balcanico. Le sorti del conflitto volsero quasi subito al peggio per l’esercito asburgico, che già nel corso del 1738 subì lo sfondamento turco nel Banato, teatro di molte operazioni, e qui probabilmente assimilato da M. al Regno d’Ungheria. Dopo la dura sconfitta subita nella battaglia di Grocka (22 luglio 1739), gli austriaci furono costretti alla resa, siglata col trattato di pace di Belgrado (18 settembre 1739), che comportò pesanti perdite territoriali per gli Asburgo. A questa guerra si allude anche nella lettera a Stelio Mastraca del 1° agosto 1739.
 

La non meglio precisata «notizia» riguarda, presumibilmente, un incarico di rappresentanza o ambasceria (M. usa il termine «agenzia» con questo significato in a Luigi di Canale, 1° settembre 1745) per conto di Friedrich Karl von Schönborn-Buchheim (1674-1746), principe vescovo di Würzburg e Bamberga e, fino al 1734, vicecancelliere del Sacro Romano Impero.