Ad un Amico#1
Vienna, 26 Febbraio 1734#2
Amico carissimo
Alla fine ho pur tempo di scrivervi due righe. Sono stato sì occupato nel carnevale, che non aveva un momento per me; oltre le solite occupazioni ho dovuto scrivere in fretta una festa che le serenissime arciduchesse hanno rappresentata in musica, ed istruire, dirigere, ed assistere le medesime, cura che mi occupava interamente#3. Ma in verità è un piacere che non ha pari, l’avere una simile occasione di ammirare così vicino le adorabili qualità di queste augustissime principesse. Non avrei potuto figurarmi tanta attenzione, tanta gentilezza, tanta pazienza, e tanta gratitudine. Oh quante persone ho trattate del decimo sesto rango che non hanno la millesima parte della cortesia di queste incomparabili principesse. Esse hanno recitato, e cantato come angeli, ed è stato veramente un sacrilegio che tutt’il mondo non sia stato ammesso ad ammirarle, poiché la festa è stata privatissima, che#4 le dame più grandi di Vienna non hanno potuto ottenere di esservi ammesse, e quelle della Corte hanno dovuto mascherarsi per esser a parte di tant’onore. Io in contrasegno di gradimento per aver istruite le serenissime, ho ricevuto il regalo d’una tabacchiera d’oro di peso di ottanta ungheri in circa; ma la materia fa la minor parte del suo prezzo, tanto è eccellentemente lavorata. Non ho voluto tralasciare di darvene parte, perché so quanto interesse prendete in tutto quello che mi riguarda.
Il piacere dell’approvazione che ha incontrato in Roma il mio Demofoonte, mi sarebbe più sensibile, se non fosse stato amareggiato dalla disgrazia del povero signor Ciampi, il quale per altro, trattandosi di cosa che dipende in gran parte dalla fortuna, dee tanto poco affliggersi dell’esito poco felice della sua musica, quanto poco debbo io sollevarmi per la felicità del mio libretto#5. Le vicende teatrali sono dipendenti da tante circostanze, che sarebbe una specie di temerità imperdonabile il pretendere di prevederle tutte.
Rendo grazie al signor conte Antonelli#6 per la cortese memoria che conserva di me, e lo stesso fanno i fratelli Sabbatini#7 da me salutati di sua commissione. Mille riverenze alla gentilissima signora Caterina#8; ed al travagliatissimo signor Falliconti#9 saluti, ed auguri di pazienza. Voi intanto amatemi, come solete, e credetemi
La lezione che è sostituita da onde in Ro1784; Ni1786-7; Tr1795.
Si tratta della sorella di Giuseppe Peroni (n. 1693), moglie dal 1736 di Pier Leone Ghezzi.