A Leopoldo (Roma)

Vienna 25 Giugno 1735

Fratello Carissimo

Se per suggerir soggetti bastasse formare un indice d’eroi romani; voi me ne avreste fornito a dovizia. Ci vuol altro che pannicelli caldi. Bisogna trovare un’azione, che impegni, che sia capace di soffrire il telaio: che sia una: che possa terminarsi in un luogo; et in un giorno solo#1: che sospenda l’attenzione, o per le vicende d’un innocente sventurato: o per la caduta di qualche malvagio punito: o per le dilazioni di qualche felicità sospirata: o per il rincontro in fine di tali eventi, che diano occasione al contrasto degli affetti, e di porre nel suo lume qualche straordinaria virtù per insinuarne l’amore, o qualche strepitoso vizio per ispirarne l’abborrimento. Che mi dite mai dicendomi io ci ho Silla, io ci ho Cesare, io ci ho Pompeo? Gran mercè del regalo. Questi ce li ho ancor io, e gli ha ognuno che sappia leggere. Bisogna dirmi nella vita di Silla mi pare che si potrebbe rappresentare la tale azzione, perché interessa per tal motivo, perché da luogo a tali episodi, perché sorprende per tal ragione. Io ci ho il Silla! Oh bontà di Dio? E che vorreste voi? Ch’io ne scrivessi la vita? Non mi mancherebbe altro. In quanto poi il volermi persuadere a scrivere soggetti già scritti, suderete poco, perché non vi ho la minima repugnanza: vedetelo dal Gioàs che è un’Archetipo di monsieur Racine#2, e non mi ha spaventato. Quelli che non scrivo volentieri sono i soggetti trattati dal Zeno#3. Mi sono incontrato già due volte#4 con lui; e non è mancato, chi ha subito voluto attribuirmi la debbolezza d’averlo fatto a bello studio, che mai non mi è caduto in pensiero. Questo non mi piace per non dare occasione o di ramarico, o di trionfo. Tutto il resto è campo libero, et non ho dubbio di mettervi la mia falce, purché vi sia che mietere. Io ci ho il Silla! Oh madre di Dio! State sano, abbracciato il nostro Padre Bulgarelli, e credetemi

Il Vostro Affezionatissimo Fratello
Pietro Metastasio
 

 

Si tenga a mente che sono i mesi della riflessione sul trattato «sopra il dramma italiano» di cui M. parla a Mattia Damiani nella lettera del 26 febbraio 1735. Significativa l’interpretazione dell’unità di luogo come utilizzo libero dei cambiamenti di scena a patto di concludere l’azione nello stesso posto, secondo la visione più moderna che M. aveva già rivendicato difendendo la sua tragedia Il Giustino nella lettera ad Aurelia Gambacorta d’Este del 1° agosto 1716. Tralasciando le numerosissime altre lettere dell’epistolario dove questi concetti di teoria drammatica esposti così sinteticamente a Leopoldo vengono sviluppati, basterà ricordare che nell’Estratto della poetica M. fornirà un lungo elenco di esempi in cui, negli autori classici, le unità di luogo e di tempo vengono violate, precisando però che «dal non credere io né utile, né verisimile, né necessario, né possibile il ridurre le Azioni teatrali alla indivisibilità di un punto matematico; non può legittimamente dedursi che, trascorrendo alla opposta estremità, io creda permessa al Dramma tutta l’indefinita vastità degli spazj immaginarj» (Pietro Metastasio, Opere del signor abate Pietro Metastasio, Parigi, Herissant, 1782, XII, p. 102). Sull’unità di tempo più avanti M. converrà che «il termine d’un giro di Sole, che assegna Aristotile al corso d’una tragedia, mi ha dimostrato l’esperienza, che accorda abbastanza il comodo della fantasia degli spettatori, e de’ Poeti» (p. 117). La richiesta di un suggerimento per il soggetto di nuove opere era stata già fatta a Marianna Bulgarelli nella lettera del 4 luglio 1733.
 

Il riferimento è all’Athalie, tragedia sacra di Racine composta tra il 1690 e il 1691.
 

Come fa notare Brunelli, già Zeno, nel 1726, aveva composto l’azione sacra Gioaz, dichiaratamente un modello dell’Athalie raciniana («In ciò che ci ho introdotto ed aggiunto, mi è stato eccellente guida il famoso Racine nella sua Tragedia, intitolata Atalia»; cfr. Apostolo Zeno, Gioaz, azione sacra cantata l’anno 1726, in Id., Poesie sacre e drammatiche di Apostolo Zeno, Venezia, Pasquali, 1744, p. 178).
 

Il Siroe segue il soggetto dell’Ormisda di Zeno (1721), la Semiramide riconosciuta la Semiramide (1725) del veneziano.